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Partire dagli ultimi per costruire la pace in Medio Oriente

«Abbiamo comunque deciso di non intraprendere nessun tipo di boicottaggio simile a quello della Presbyterian Church. La nostra priorità è continuare a lavorare con le persone, attraverso il dialogo e il tentativo di informare le persone».

Con un voto molto discusso e con uno scarto minimo, il 20 giugno del 2014 la Presbyterian Church of Usa aveva deciso di disinvestire circa 21 milioni di dollari dalle azioni di tre multinazionali che «con le loro attività – recita il comunicato ufficiale – generano profitti che finanziano indirettamente le condotte violente di Israele nei territori palestinesi».

La Presbyterian Church of Usa, che conta poco meno di due milioni di membri, è il più grande gruppo religioso statunitense ad aver deciso un boicottaggio nei confronti di Israele e delle sue politiche.

Da quel giorno di fine giugno ad oggi sono passati oltre 60 giorni, e tra questi almeno 50 hanno visto l’esercito israeliano e il movimento palestinese di Hamas scontrarsi militarmente nella Striscia di Gaza. Alla luce di questi eventi è interessante vedere come le altre chiese statunitensi vivono il dibattito sul tema. Ne abbiamo parlato con Bradley Glenn Lewis, presidente della American Waldesian Society e membro della Reformed Church in America.

 

«Abbiamo deciso di intervenire in termini diversi da quelli del disinvestimento – racconta Lewis – ma siamo molto attivi, ad esempio in programmi ecumenici». All’interno della Reformed Church in questo momento non sembrano esserci discussioni particolarmente forti sul tema, perché la strada scelta cerca di non prendere posizione sul merito del conflitto, ma di provare a perseguire la pace attraverso progetti di supporto alle fasce più svantaggiate della popolazione in Medio Oriente. Non mancano le preoccupazioni di natura religiosa, e gli ultimi fatti hanno riportato l’attenzione anche sulla minoranza cristiana in Palestina, che si trova nel mezzo del conflitto israelo–palestinese da decenni”.

«Il nostro impegno generale nell’area è quello di migliorare le relazioni e le condizioni economiche dei palestinesi, e naturalmente apprezziamo la collaborazione con chiunque si impegni per la pace in Medio Oriente» dice ancora Lewis.

Eppure non si deve pensare che la Rca sia sempre stata neutrale: «fummo la prima denominazione religiosa a rompere con la Chiesa Riformata Olandese in Sud Africa – racconta il presidente della American Waldesian Society – […] La nostra chiesa aveva pensato di non poter rimanere neutrale e che ci fosse bisogno di dire alla Chiesa riformata olandese che ritenevamo sbagliato il loro appoggio all’apartheid. Questa volta è diverso, perché compiere un’azione come un disinvestimento rappresenta un passo molto importante e può portare a delle conseguenze inattese, anche contrarie alle intenzioni di partenza”. «La nostra priorità è continuare a lavorare con le persone, attraverso il dialogo e il tentativo di informare le persone nella chiesa – conclude Lewis – Allo stesso modo tendiamo a lavorare con moltissimi partner in area ecumenica, anche se non necessariamente condividiamo con loro ogni valore e opinione».