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Partire per lo Sve: “un grande momento di crescita e formazione”

Sono un piccolo esercito che gira l’Europa. Sono i volontari del servizio civile. Ci siamo abituati ormai da trent’anni a vederli operare all’interno delle nostre strutture sanitarie e ricettive, provenienti soprattutto dalla Germania. Ma da alcuni anni sono anche i ragazzi italiani a portare in giro per il mondo la propria idea di servizio a favore dei più bisognosi. Si, perché dal 2011 anche la diaconia valdese ha scelto di promuovere lo Sve, acronimo di Servizio volontario europeo, in collaborazione in primis con gli altri fratelli del nostro continente presenti nella rete edin (ecumenical diaconal year network), ma giungendo ad inviare ragazze e ragazzi anche in Israele e in Argentina.

In questi giorni sono tutti riuniti a Torre Pellice: chi torna dal soggiorno all’estero, e chi dall’estero è giunto per prestare servizio in Italia. I primi stanno condividendo le proprie emozioni, i secondi stanno acquisendo gli strumenti migliori per il periodo che si apprestano a vivere.

“Si tratta di un’esperienza formativa unica, una grande occasione di confronto interculturale e di reciproco arricchimento. Si vive da soli, si presta volontariato con anziani, disabili, bambini. Per i ragazzi dai 18 ai 30 anni è un grande momento di crescita”. Così Davide Paschetto, dell’ ufficio volontariato della Csd, sintetizza i temi principali del progetto. I primi sono partiti nel 2011, e si contavano sulle dita di una mano; quest’anno sono già 35 le ragazze e i ragazzi fra i 18 e i 30 anni che svolgeranno un periodo che varia dai 6 ai 12 mesi fuori dai nostri confini. Chi è appena tornato racconta di aver optato per questa possibilità perché già interessato ad un’esperienza di volontariato, ma ancor più perché è forte la voglia di vivere una sorta di anno sabbatico post esame di maturità, sul modello di molti corsi di studi esteri, così da aver più tempo per ipotizzare il proprio futuro e nel frattempo vivere un periodo difficilmente ripetibile nel corso della vita. Serena è reduce dal servizio svolto in Ucraina, ad Odessa, in questo periodo di grande crisi con la vicina Russia, e ci racconta le sue emozioni, sintetizzate anche in una mostra fotografica che ha fatto compagnia ai visitatori nei giorni del Sinodo: “Ho potuto vedere la situazione mutare di giorno in giorno. Ad una prima fase, che sembrava di calma piatta, è seguito un crescendo di mobilitazioni prima e di scontri poi, per cui è stato necessario diradare le uscite, e infine spostarsi con la famiglia ospitante fuori città in un secondo momento. Io e Rachid, il ragazzo ospitato da un’altra famiglia, eravamo sempre in contatto con l’Italia, e i referenti della Csd, che erano ovviamente molto prudenti, desideravano richiamarci. Ma non c’è stata mai alcuna situazione di pericolo”. Gli altri si sono disseminati fra Danimarca, Germania, Slovacchia, Repubblica Ceca, e le loro voci sono un coro unico nel ribadire il consiglio rivolto ai pari età di provare vivere una simile avventura.

Pieni di aspettative e curiosità sono anche coloro che, giungendo dall’estero, stanno per iniziare il loro servizio nelle opere della diaconia: chi nelle valli valdesi, chi in Toscana, a Roma, in Sicilia. Molti di loro sono già impegnati nel mondo del volontariato nei rispettivi paesi e sono molto curiosi di conoscere l’Italia che idealizzano soprattutto attraverso arcinoti e tristi stereotipi. Sta a noi far cambiare loro idea in questo periodo, perché questo rimanga uno splendido ricordo.

Foto: Twitter