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La gratuità al servizio del dialogo

La visita di papa Francesco al tempio valdese di Torino è stata definita quasi unanimemente un evento storico. E in effetti non ci piove. Ma perché? Non solo perché si è trattato della prima volta di un vescovo di Roma a casa della piccola comunità protestante italiana, fino a pochi decenni fa considerata eretica dai cattolici.

Certo, questo è sicuramente una notizia. Ma le parole reciproche e l’atmosfera avrebbero potuto essere tiepide, se non addirittura gelide.

Non è un evento storico neanche per il sincero e appassionato mea culpa: nei decenni recenti sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno pronunciato, a più riprese e nei confronti di più comunità religiose (protestanti compresi) delle contrite richieste di perdono.

Perché evento storico, dunque? A mio giudizio, per la sua inutilità. Se vogliamo dirla più elegantemente, la sua gratuità. Mi spiego: in altre occasioni, il gesto evangelico del mea culpa aveva – in trasparenza – una serie di risvolti politico-diplomatici, una sorta di utilità insomma religiosa ma non solo: con l’islam, agevolare la convivenza e proteggere le minoranze cristiane nei paesi arabi; con gli ebrei e Israele, riconciliarsi con un potente paese dell’area mediorientale e con una influente minoranza religiosa negli Usa e nel mondo occidentale; etcetera, etcetera…

Nel caso dei valdesi, tutto questo non c’è: il papa non aveva alcun bisogno di fare il gesto di fraternità e riconciliazione che ha compiuto. Con tutto il rispetto per i miei amici protestanti, i valdesi non sono né potenti, né ricchi né influenti. per questo l’incontro al tempio di Torino è un evento storico: perché era inutile, senza alcun doppio fine se non l’amore e la riconciliazione tra fratelli in Cristo. Il dialogo ecumenico in vista dell’unità dei cristiani passa per la sua totale e disarmante gratuità.

Foto P. Romeo/Riforma