antananarivo06

Le chiese impegnate contro la peste in Madagascar

In Madagascar la peste è endemica anche se le notizie relative alle recrudescenze stagionali (di solito da settembre ad aprile) faticano a superare le coste dell’isola. Eppure il fenomeno ha numeri da non sottovalutare e mostra pericolosi segnali di espansione e mutamento. Il 2013, il peggiore degli ultimi anni su questo fronte si era chiuso con 675 casi registrati e 118 vittime. Quest’anno si contano già 878 casi e 80 morti. Ma nel 2017 la stagione della peste è iniziata un mese prima e la malattia si presenta in due forme differenti: oltre a quella bubbonica, trasmessa da pulci e ratti sono comparsi casi di peste polmonare, molto più contagiosa perché la trasmissione avviene per via orale. Sono interessati soprattutto i grandi centri urbani, tra cui la capitale Antananarivo, e la paura di vedere l’epidemia diffondersi all’estero ha spinto l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, ad intervenire, con la conseguenza che l’attenzione anche internazionale è finalmente cresciuta. Casi sono già stati segnalati nelle vicine Seychelles, metà ogni anno di milioni di turisti.

Al di là dei numeri il ritorno della peste è associato ad un peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, una crescente povertà e un contemporaneo indebolimento delle politiche pubbliche sanitarie e un deterioramento delle infrastrutture. Così si presentano situazioni assai peggiori rispetto al passato: i primi casi noti in epoca moderna sono datati 1898 ma fino al 1980 il buon funzionamento delle reti idriche e fognarie e una gestione precoce dei pazienti avevano ridotto i casi alle campagne, con circa 50 decessi all’anno. Ma le continue crisi governative hanno vanificato gli sforzi di un tempo e disintegrato la sanità pubblica: cessate le manutenzioni delle tubature, finiti i soldi per derattizzazioni e disinfestazioni, scomparsi screening e monitoraggi, la malattia è riesplosa nei centri urbani. Antananarivo conta al momento 31 morti sul suo territorio e il rischio ora è che l’epidemia diventi incontrollabile.

Le autorità finalmente provano a reagire: l’11 ottobre il presidente Hery Rajaonarimampianina ha ufficialmente lanciato la campagna sanitaria contro la peste. I vigili del fuoco sono mobilitati nei mercati della capitale per attuare derattizzazioni, incontri e dibattiti pubblici sono sospesi, le scuole sono state chiuse per la disinfestazione. L’Oms ha fornito 1,2 milioni di dosi di antibiotici e ha avviato, insieme a Croce Rossa e ad alcune Ong un reclutamento volto a creare un team di volontari per avviare al più presto un’azione di prevenzione su larga scala.

Anche le chiese sono coinvolte in questa corsa contro il tempo: «Abbiamo lanciato campagne di sensibilizzazione e le nostre parrocchie sono mobilitate nelle azioni contro i ratti – ha raccontato ai media locali il pastore Jean-Louis Zarazaka, vice-presidente della Fjkm, la Fiangonan’i Jesoa Kristy Eto Madagasikara (Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar) – . I nostri luoghi di culto sono trattati con insetticidi e stiamo gestendo azioni di raccolta e distruzione di rifiuti, ove possibile».

La Fjkm, riformata-presbiteriana, è chiesa membro della Cevaa e conta circa tre milioni e mezzo di fedeli su una popolazione totale dell’isola di circa 25 milioni di persone. «Ora il picco peggiore pare alle spalle – continua il pastore Zarazaka – ; ma il ritardo accumulato negli anni pesa. Nei quartieri più poveri la quotidiana necessità di sopravvivenza è più forte di qualsiasi campagna di sensibilizzazione. Se per mangiare devo frugare nei rifiuti ovvio che il rischio diventa elevatissimo. Ma non mangio muoio».

C’è poi il tema delle abitudini religiose, come quello delle lunghe veglie funebri come spiega il pastore: «i funerali tradizionali in Madagascar richiedono tempo e ciò moltiplica il rischio di contagi. Ora le forze di polizia sono incaricate di procedere quanto prima alla sepoltura dei corpi delle vittime della peste per evitare guai peggiori, come già avvenuto in queste settimane».

La peste polmonare ha un periodo di incubazione che può arrivare ai 7 giorni, ecco perché è necessario conoscere bene i sintomi attraverso campagne informative, in maniera tale da isolare e trattare in tempo coloro che ne paiono colpiti, onde evitare facilissimi contagi.

La peste non falcidia più interi continenti in passato, ma non è stata mai del tutto sconfitta e rimangono focolai soprattutto in Africa insulare, ma casi si sono rilevati anche negli Stati Uniti, in New Mexico, Colorado, Arizona e California a quanto pare a causa di particolare esemplari di roditori presenti su suolo americano.

Immagine: By Bernard Gagnon – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3653682