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Nuriye è libera!

Nuriye è finalmente tornata a casa. Anche se soltanto in libertà condizionale, in attesa dell’appello. Infatti, contro ogni evidenza e senso della realtà, risulta condannata a sei anni e tre mesi per terrorismo (in quanto presunta appartenente all’organizzazione DHKP-C). Il regime turco non ha voluto sconfessare la sua opera repressiva, ma ormai risultava evidente che la determinazione, la coerenza e il coraggio di questa donna di 35 anni, ridotta a 34 chili di peso, stavano diventando ingestibili per il governo di Erdogan.

Nuriye è stata liberata venerdì 1 ottobre, quasi all’ottavo mese di sciopero della fame e dopo sei mesi di detenzione. Pochi giorni prima si era svolta la quarta udienza del suo processo che avevamo raccontato qui, così come abbiamo seguito fin dal principio le vicende di quello che è divenuto una sorta di simbolo del nuovo corso turgo dopo il presunto golpe del 2016

Chi era presente all’udienza ci ha raccontato l’emozione, quasi l’incredulità, al momento del verdetto.

Anche per questa udienza non le era stato consentito di partecipare, se non in video conferenza dal reparto di cure intensive di un ospedale di Ankara. Chi ha potuto assistervi ha raccontato anche della sua stessa momentanea incredulità. Rimasta quasi attonita dopo la notizia, ritrovava la parola al momento di scendere dall’ambulanza (portata a braccia, non essendo in condizione di camminare): «Sono immensamente felice di ascoltare la vostra voce. Pensavo che non l’avrei mai più sentita». Così, con un filo di voce, si è rivolta a quanti (amici, parenti, militanti solidali…) erano accorsi per accoglierla.

Ovviamente ci auguriamo che il suo fisico, duramente provato dal lungo sciopero della fame, sia in grado di recuperare quanto prima.

In ogni caso la sua epica testimonianza, la sua resistenza di prigioniera dissidente costituiscono un simbolo, un esempio per tutti coloro che «sentono sulla propria pelle ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo».

E anche, aggiungo, una speranza per gli sfruttati, calpestati, umiliati e offesi di ogni luogo e tempo.