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Gaza: distrutto il centro «La terra dei bambini»

Difficile raccontare una guerra. Ancora di più quella israelo-palestinese, così lunga, difficile, complessa. È sempre difficile entrare nelle scarpe di un altro, ascoltare il suo dolore, comprenderlo. Forse è più semplice che io racconti il mio dolore di fronte a certe immagini, alle telefonate ricevute da Gaza in questi giorni, alle testimonianze scritte che mi hanno inviato.

Frequento la Palestina dal 2002 e via via ho sentito crescere la passione per questo popolo così tormentato. Ho giocato con i bimbi palestinesi, ho bevuto una quantità di caffè arabi e tè alla menta con tanti adulti. E con altri compagni di cammino da questo ascolto è nata prima un’associazione e poi una organizzazione non governativa che si chiama Vento di Terra. L’episodio che ci ha coinvolto nella striscia di Gaza lo lascio raccontare al comunicato ufficiale dell’organizzazione.

«La fanteria e i blindati israeliani hanno occupato il villaggio di Um Al Nasser nella notte del 17 luglio, obbligando l’intera comunità a lasciare le case. Una lunga fila di civili, in prevalenza a piedi, si è diretta sotto un intenso bombardamento verso il campo profughi di Jabalia. Sono ora ospitati principalmente nelle scuole dell’Unrwa [l’agenzia dell’Onu per i rifugiati della Palestina, ndr]: mancano medicinali, cibo, generi di prima necessità e acqua potabile.

Questa mattina [20 luglio] ci è stata confermata la notizia che l’esercito israeliano ha raso al suolo “La Terra dei bambini”, struttura finanziata dalla Cooperazione italiana e visitata lo scorso 17 gennaio dalla presidente della Camera Laura Boldrini. Il centro per l’infanzia ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Oltre al Centro per l’infanzia, che rappresentava un modello di eccellenza in termini di architettura bioclimatica e di metodologia educativa, è stata demolita la nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio.

Vento di Terra ong gestisce il progetto dal suo avvio nel 2011, ed è testimone del fatto non sia mai stata utilizzata per scopi militari e non sia avvenuto alcun contatto tra lo staff e le milizie armate islamiste. La “Terra dei bambini” rappresentava un’oasi a difesa dei diritti dell’infanzia, che l’esercito israeliano, messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso senza alcuna giustificazione di demolire. Un’esperienza unica, in un panorama caratterizzato da decenni di conflitto, occupazione e devastazione è stata messa cinicamente a tacere».

La notizia mi è stata comunicata in macchina mentre tornavo dal culto domenicale insieme alla mia famiglia. La mia reazione ha ovviamente allertato le mie figlie e ho deciso sul momento di non tacere la verità. La più piccola ha 4 anni e subito mi ha chiesto: «Papà distruggeranno anche la mia scuola?». Per un bambino la scuola materna è la sua seconda casa, il luogo del divertimento, dell’incontro con le maestre vissute come un prolungamento della propria mamma. Alla sera, quando ceniamo, tutte le altre figlie raccontano della loro giornata e dei loro incontri e la più piccola partecipa con orgoglio snocciolando ogni sera l’elenco dei suoi compagni, perché anche lei ha delle amiche e degli amici a scuola. Anche lei ha una vita di cui essere contenta fuori casa.

C’è qualcosa di più brutto di rubare la felicità a un bambino? Da tempo non credo più alla soluzione «due popoli, due Stati» (e non sono il solo). L’esperimento di uno stato israeliano incuneato in una terra araba è fallito.

La Terra dei bambini non è stata distrutta come effetto collaterale di un bombardamento. È frutto di una deliberata volontà di far piazza pulita. La secolare sapienza ebraica ispirata dalla Bibbia conserva tesori straordinari. Nel XIII secolo nel famoso Sefer Hakhinukh (libro dell’educazione) l’ignoto autore ha scritto: «È appresso alle azioni che si trascinano i cuori». Non i pensieri ma le azioni formano l’uomo.

La distruzione di scuole, ospedali, case con una ferocia senza pari quale futuro prepara per un popolo? La strategia di Israele è stata fin ora un dispiegamento della forza. Un’altra strada avrebbe forse condotto ad un altro esito.