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L’urgenza della laicità

Dal 10 al 13 ottobre sarò a Londra, per registrare tutto il possibile in audio, video e scrittura di un evento che si annuncia importantissimo e unico, nel panorama europeo, ma che non mi è nuovo, perché, anche se in misura meno fastosa, sono stata protagonista e organizzatrice in Italia per ben due volte, nel 2006 e poi nel 2011, di eventi su questo argomento.

Parlo della Secular Conference http://www.secularconference.com, una due giorni di dibattito organizzata da una rete di associazioni che fanno capo alla visionaria e coraggiosa attivista di origine iraniana Maryam Namazie, una delle voci che per prima allertò Europa e occidente dell’insorgere della dittatura di stampo islamista che si stava rafforzando in Iran agli inizia del nuovo secolo, e che assieme ad altre attiviste femministe del mondo islamico ha messo in guardia dal salutare come progressiste le primavere arabe, cogliendone i lati oscuri che poi si sono materializzati con il radicamento dell’islamismo in molti paesi dell’area vicina al Mediterraneo.

All’evento londinese, organizzato in una location davvero impressionante (motivo anche del costo non certo popolare per la partecipazione, circa 180 euro) sono stati invitate oltre cinquanta tra le donne e gli uomini che in questi anni, nel diffuso disinteresse della stampa e dei movimenti per una diversa globalizzazione italiana, hanno alzato la voce e proposto analisi e pratiche contro l’islamismo radicale e per la diffusione del secolarismo nei paesi ora a maggioranza islamica.

Molte e molti tra coloro che parleranno all’assise londinese prendono a spunto, per la critica della politicizzazione dell’islamismo, la visione degli integralisti della donna, della famiglia e delle relazioni tra i generi e la prevalente importanza del diritto del clan e della comunità a scapito di quello individuale, che sta portando, in Inghilterra e in Canada, alla diffusione del doppio binario giurisprudenziale che affianca alla legge secolare la Sharia, in particolare nelle controversie familiari, su richiesta di gruppi islamici.

Fu Susan Moller Okin, nel saggio Il multiculturalismo fa male alle donne? scritto nel 1997, pubblicato da Marea nel 1998 e diventato poi libro con il titolo di Diritti delle donne e multiculturalismo nel 2007, a lanciare l’allarme per ciò che oggi è realtà, ricevendo critiche da alcune femministe (stesso trattamento riservato anche al mio Senza velo-donne nell’Islam contro l’integralismo) perché ritenuto frutto di un pensiero coloniale.

E’ molto complicato, in Italia e non solo, toccare i punti oscuri della religione delle “vittime”, l’Islam: dal momento che il rischio di strumentalizzazione razzista è alto, si preferisce tacere sulla condizione delle donne nelle enclave dove spesso si rinchiudono le comunità migranti, limitandosi ad un generico e neutro appoggio alle lotte contro la clandestinità e per la cittadinanza, senza però evidenziare che in molte di queste comunità le donne sono schiavizzate e tenute in scacco dalle regole patriarcali spesso dominate dal credo islamico integralista.

«La laicità è una richiesta umana, non importa dove si sia nati o si viva – ha sottolineato Maryam Namazie in un articolo uscito su Marea nel 2001 – Ed è una richiesta che non è mai stata così urgente nella storia contemporanea, visto l’emergere dei movimenti religiosi in generale, e dell’Islam politico in particolare. Lontano dall’essere un concetto occidentale, esso ha una speciale urgenza in paesi retti dalla legge islamica, dove norme medioevali vengono avvalorate dallo Stato con indiscriminata brutalità e crudeltà. Le regole religiose impongono la segregazione di uomini e donne, e obbligano a portare il velo pure alle bambine. La testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo. Sotto la Sharia, certi campi di studio o di lavoro sono preclusi alle donne. Le donne per esempio non possono essere giudici in quanto si reputa siano troppo “emotive”. Le donne non possono lavorare o anche viaggiare senza il permesso del loro tutore maschio. E le donne continuano ad essere lapidate per avere avuto rapporti extramatrimoniali, o impiccate per reati contro la castità’.

Ciò ha luogo in non pochi paesi, dato che la Sharia è oggi la legge religiosa maggiormente imposta nel mondo. Certamente questo non ha a nulla a che fare con le richieste e i desideri dei musulmani o di coloro che si percepiscono tali, ma è dovuta allo sviluppo di un movimento politico islamico.». «Trovo sempre interessante – continua Namazie – che qualcuno a “sinistra” consideri la laicità, i diritti e la libertà come concetti occidentali, mentre invece il nucleare o la più recente tecnologia per reprimere i movimenti sociali e la classe operaia siano considerati il“diritto” degli Stati islamici. Anche se la laicità fosse occidentale, è assurdo sostenere che gli altri non la meritino. Di fatti diritti, libertà e laicità sono conquiste ottenute con la lotta dal movimento operaio e dai movimenti sociali progressisti, ed appartengono a tutta l’umanità».

«Mentre la laicità è una emergenza nei paesi che vivono sotto la legge islamica, anche nell’occidente è un problema», conclude. «La religione – tutte le religioni – è discriminatoria, misogina e omofobica. L’Islam lo sembra di più oggi perché detiene potere politico. Nel Regno Unito, dove il Cristianesimo sembra più ‘adeguato’ perché è stato messo nell’angolo dall’illuminismo, la Chiesa Anglicana continua ad avere sussidi statali ed ha uno stretto rapporto con la monarchia e lo Stato. Ci sono vescovi che appartengono alla Camera dei Lord e ai gruppi religiosi è permesso esercitare discriminazioni contro omosessuali o altri soggetti, a causa dei loro credo. Vista la realtà, come si può dire che la laicità sia irrilevante al giorno d’oggi e nella nostra epoca?».

Di questo si parlerà a Londra, di questo proverò a riportare voci, volti e storie.