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Sfogliando i giornali del 7 novembre

01 – Freedom Flotilla: la Corte penale internazionale non processerà Israele

Questa mattina Ha’aretz informa che i giudici della Corte penale internazionale non processeranno Israele per l’uccisione di nove militanti turchi nel 2010. Il processo, scrive la Cpi, «non ci sarà perché il caso va al di là delle competenze della Corte», ma dal punto di vista del merito i giudici sono convinti che i soldati israeliani abbiano commesso crimini di guerra. Il caso risale al 31 maggio 2010, quando una flotta di sei navi legate al Free Gaza Movement, la Freedom Flotilla, cercò di forzare il blocco navale al largo della Striscia di Gaza per portare aiuti ai palestinesi e fu abbordata dai militari israeliani, che uccisero nove militanti turchi.

02 – Negli Stati Uniti resta il divieto sui matrimoni gay in quattro stati

Continua negli Stati Uniti la vertenza giuridica sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. Una corte d’appello, informa la Bbc, ha deciso di mantenere il divieto in quattro stati. I giudici della sesta Corte d’Appello, infatti, hanno decretato che i quattro stati, Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee, hanno il diritto di stabilire delle regole proprie. «Con la creazione di uno status e con il suo sovvenzionamento, gli stati hanno creato un incentivo affinché due persone che procreano stiano insieme con lo scopo di crescere i figli. Questa spiegazione, ancora valida oggi, è sufficiente per consentire agli stati di mantenere la loro autonomia su una questione che hanno regolato fin dall’inizio». Questa sentenza è in controtendenza rispetto ad altre degli ultimi mesi, che avevano visto quattro corti d’appello togliere i divieti sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, stabilendo che violavano il diritto delle persone a ricevere la stessa protezione dalla legge, garantito dalla costituzione.

03 – New York, chiude un terzo delle parrocchie

Un terzo delle 368 parrocchie cattoliche di New York sta per chiudere i battenti o accorparsi a causa dell’aumento dei costi per la gestione delle chiese di quartiere e della marcata diminuzione del numero dei fedeli che partecipano alle messe domenicali. La notizia, riferisce La Stampa, è stata annunciata dal cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York. Il New York Times riporta i dati precisi: 112 parrocchie si uniranno con altre vicine, formandone nel complesso 55, mentre 31 chiuderanno in modo definitivo. La riorganizzazione riflette i trend demografici che mostra una diocesi cattolica in forte declino da decenni. Il numero di sacerdoti continua a scendere, perché i pensionamenti superano gli ordinamenti, e soprattutto è in crollo la partecipazione: nel 2013 soltanto il 12% dei 2,8 milioni di fedeli si sono recati regolarmente a messa la domenica. Il cambiamento, annuncia La Stampa, colpirà parrocchie da Staten Island a Manhattan, a quelle dell’Hudson Valley, nelle contee sopra New York City, e diventerà effettivo il primo agosto 2015.

04 – Experimental Ebola drugs should not be withheld, WHO says

Gli scienziati coinvolti nei trattamenti di medicinali sperimentali per l’epidemia di Ebola in Africa occidentale non dovrebbero essere costretti a negare i farmaci ad alcuni pazienti. Lo ha deciso ieri l’Organizzazione mondiale per la sanità, fornendo quindi un parere contrario rispetto alla Food and Drug Administration degli Stati Uniti, che aveva dichiarato «si tratta dell’unico sistema per capire se la sperimentazione funziona oppure no». Secondo la Fda, infatti, la sperimentazione va controllata ed effettuata a campione, quindi somministrando i farmaci soltanto ad un gruppo di pazienti, per poter infine confrontare i tassi di mortalità e gli altri risultati con i gruppi che invece non hanno ricevuto il trattamento. L’ultima riunione della commissione etica dell’Oms ha invece ritenuto che, vista l’impossibilità di garantire standard sperimentali di alto profilo, nei paesi dell’Africa occidentale bisogna preferire un approccio alternativo, che vada incontro alle difficoltà della popolazione di Sierra Leone, Liberia e Guinea.

05 – In Giappone ripartono i primi due reattori nucleari dopo il disastro di Fukushima

Il governatore della prefettura di Kagoshima, nel sud del Giappone, ha dato l’autorizzazione per riaccendere i reattori nucleari di Sendai 1 e 2, i primi che hanno raggiunto un livello di sicurezza conforme alle nuove normative emesse dall’agenzia per l’energia giapponese, che le aveva ripensate dopo l’incidente del marzo 2011 alla centrale di Fukushima Dai-ichi causato da un terremoto e dal conseguente maremoto. Per The Guardian, «la riaccensione dei due reattori andrà avanti nonostante le preoccupazioni dei residenti. Abbiamo bisogno di poter contare sull’energia nucleare, ed è estremamente importante che il piano vada avanti in modo lineare». Un gruppo di attivisti antinucleare, racconta Internazionale, ha protestato contro la decisione fuori dell’edificio governativo. Tutti e 48 i reattori giapponesi erano stati spenti per verifiche sulla sicurezza o riparazioni sin dal disastro del 2011, e i due di Sendai saranno quindi i primi.

Foto: “Cofrentes nuclear power plant cooling towers“. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.