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L’attesa della grazia tra contemplazione e analisi della realtà

A due settimane dal ventennale della scomparsa di Franco Fortini, può essere interessante accostare al poeta e saggista italiano la figura di Simone Weil (1909-1943), di cui esce una interessante antologia di scritti a cura di Adriano Marchetti, già docente di Letteratura francese all’Università di Bologna. Il volume* presenta riuniti insieme dei testi narrativi e poetici (questi ultimi con originale a fronte) della prima giovinezza della filosofa e scrittrice, che sembrano contenere i presupposti per quella che sarà la sua futura visione dell’esistenza, dell’impegno politico, dell’avvicinamento al cristianesimo. Naturalmente ciò avviene con tutti i rischi del caso: anche se Weil stessa ritornò più e più volte a rielaborare i frammenti poetici, non c’è dubbio che essi pongano i problemi con l’urgenza giovanile piuttosto che con la consapevolezza della maturità. Certo, si riconosce la ricerca di assoluto, l’aspirazione a cogliere nella realtà l’impronta di un senso («Nasceranno per me le umane città/ che un soffio puro ha liberato dalla bruma,/ i tetti, le grida, i passi, le mille chiarità,/ i brusii umani, ciò che il tempo consuma…»; «Il mondo è nato. Fallo durare col soffio, vento!» – Eclair, 1929).

Ma via via che la personalità di questa singolare e inclassificabile autrice si va forgiando, tra militanza per la Repubblica spagnola con successiva disillusione, analisi della condizione operaia,

dramma della seconda guerra mondiale con militanza nella Resistenza travagliata dai pregressi e durevoli problemi di salute, appare chiaro anche in questa silloge, come poi dalle opere mature e soprattutto dall’arcipelago dei Quaderni (in Italia pubblicati da Adelphi), che una dialettica si manifesta in lei, tra la necessità, da un lato, di aderire a una visione poetica della realtà, una vera e propria «meraviglia contemplativa» (così il curatore del volume) e, dall’altro lato, la consapevolezza di dover passare ogni sollecitazione, ogni suggestione, ogni illuminazione al vaglio di una ragione che cerchi di spiegare, analizzare, smontare i meccanismi.

In questo Weil può essere accostata a Franco Fortini: nell’articolo pubblicato da Riforma in occasione del ventennale della sua scomparsa, Davide Dalmas sottolineava la caratteristica di molti suoi versi, che pongono la negazione come modo di ragionare: affermare, cioè, e poi far emergere i limiti e le contraddizioni; ragionare per via contraria, senza aggirare le scabrosità e gli spigoli della realtà, irriducibile, per Fortini come per Weil, alle sintesi ideologiche affrettate che la militanza

politica o da intellettuale polemista avrebbero suggerito ai più. Rifacendosi alla poesia di Paul Valéry in una stagione in cui grande era la fortuna per le avanguardie artistiche (e passando per reazionaria), vedeva nella ricerca della precisione uno degli antidoti all’indeterminatezza concettuale; e la sua attesa della grazia (da contrapporre alla sventura così a fondo indagato nella sociale e nell’esistenza) non contraddice lo spirito razionalmente indagatore della realtà.

Alcuni degli scritti in prosa dimostrano già l’interesse dell’autrice per la letteratura greca, la tragedia in particolare, e per la moralità che può derivarne. Uno strumento, dunque, in più, per avvicinarsi a Simone Weil, di cui per fortunata coincidenza esce anche un’altra antologia di testi, sotto il titolo L’attesa della verità (a cura di Sabina Moser, nella collana «i grandi libri dello spirito», Garzanti, pp. 337, euro 16,00).

* S. Weil, Versi e prosa, a cura di Adriano Marchetti, Villa Verrucchio (Rn), Pier Giorgio Pazzini editore, 2014, pp. 117, euro 13,00. | Foto: “Simone Weil 06” by Unknown photographer – http://wunderbuzz.co.uk/author/iona-goulder/. Licensed under Public domain via Wikimedia Commons.