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Una consacrazione spumeggiante

Il tempio non è molto grande ma accogliente, architettura fine anni ’60 con un tetto che ricorda una vela al vento, una nave pronta a salpare spinta dallo Spirito Santo. Siamo alla chiesa presbiteriana Unity (qui tutte le comunità hanno un nome proprio) di Temple Hills, nel Maryland, a pochi chilometria da Washington, immersi in un bosco di betulle che purtroppo sono spoglie – si aspetta una bufera di neve (che alla fine non verrà). Sta per essere consacrata la pastora Tawnya Denise Anderson. I volti sono in maggiornza afroamericani (c’è anche il 94enne pastore Gayraud Wilmore,  “eminenza grigia” della teologia della liberazione afroamericana, vecchio compagno di lotta del famoso Martin Luther King jr., ucciso 50 anni fa), ma anche molti bianchi e asiatici.

A presidere il culto sono quasi solo donne pastore, che narrano a Denise le loro esperienze, speranze (anche memorie di frustrazioni, perché no, visto che fanno parte del nostro ministero). Tutte si alternano sul pulpito – anzi, attorno al pulpito. Perché il culto non è solamente esperienza essenzialmente “mentale” – come da noi – ma anche un po’ fisica: applausi quando la bimba della pastora legge l’annuncio del perdono, accompagnamento ritmico della potente corale che canta vecchi spiritual, “amen” e “alleluyah” eclamati senza vergogna ad alta voce, risate e commenti entusiasti o critici al sermone. Il pastore ha scelto un testo decisamente impegnativo: Esodo 17,8-16, la battaglia degli Ebrei contro gli Amalekiti, le braccia di Mosé che si indeboliscono e fanno rischiare la sconfitta a Israele,  Aronne e Hur che lo fanno sedere e gli sostengono le braccia.

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Il pastore Edward Harding incoraggia la neo-consacrata con esempi antichi ed assolutamente attuali, non dimenticando che tra qualche settimana si giocherà il Superbowl, la finale del campionato di football americano che polarizzerà l’attenzione di tantissimi Statunitensi, viziata da sospetti di qualche scorrettezza (e qui il pastore prende una posizione da tifoso e i tifosi di parte avversa commentano sarcasticamente le sue affermazioni durante la predica). Il lettore abituato al nostro stile di predicazione, però, non si scandalizzi, né banalizzi, perché il messaggio della predicazione non è per nulla banale: tra metafore assolutamente quotidiane veniamo accompagnati a riflettere sul fatto che il ministero pastorale richiede passione ma anche aiuto da parte di chi sa riconoscere la nostra stanchezza, il nostro bisogno di sedere su una stabile roccia, la nostra necessità di avere le mani benedicenti sostenute.

Alla fine del culto alcune colleghe regalano alla neo-consacrata una bellissima coperta ricamata da loro, sulla quale possiamo vedere immagini simbolo del ministero, come una stella che irradia con la sua luce la buia notte o una colomba, che ovviamente rimanda a quella della pace. La pace che ogni pastore e pastora è chiamato a portare innanzitutto  nella chiesa in cui svolge il proprio ministero. Prima della benedizione Elenora Giddings Ivory, prima donna nera ad essere conscrata pastora, propone un piccolo censimento: quante donne che hanno responsabilità di governo della chiesa sono presenti nel tempio? Circà metà dell’assemblea si alza. La pastora Giddings Ivory ci ricorda che fino a pochi anni fa non sarebbe stato così… perché ben poche donne avrebbero avevo questo ruolo! E poi abbracci, baci, saluti tra vecchi e nuovi amici, e un party a base di leccornie afroamericane (non esattamente dietetiche…), caffè e aranciate!