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1001 Worship communities – 1001 comunità in preghiera

È un progetto della chiesa presbiteriana degli Stati Uniti d’America per affrontare le sfide religiose del nostro millennio. A rendere interessante questo approccio è la sua estrema duttilità: si tratta di rivitalizzare chiese già esistenti e un po’ stanche, oppure situate in aree ormai spopolate (la questione della mobilità è problema molto americano, perchè gli spostamenti, geografici, ma non solo sono incomparabili ai nostri), ma anche di scoprire in quali situazioni una chiesa – ben più di un tempio, ma persone che cercano Dio e si appassionano alla lettura della Bibbia e una comunità in cui farlo – può nascere, oltre gli schemi preconfezionati. Una “comunità in preghiera” può essere costituita da studenti universitari che si incontrano attorno a una tazza di caffé (ovviamente lungo e americano, non un espresso ristretto!), e chi non può partecipare fisicamente perché lontano o impegnato per un esame può “essere lì” via skype, con video e microfono accesi. Lo stile certo è diverso dal nostro, ma le suggestioni ci sono tutte. Ma non pensiamo neppure per un istante che sia una questione di “improvvisazione entusiasta” (e in qualche maniera passeggera): 1001 Worship communities nasce da una seria preparazione – oltre che dall’indispensabile entusiasmo degli interessati – nella quale si toccano anche tasti dolenti. Un esempio? Il progetto si può sintetizzare in una specie di tabellone da gioco da tavolo (pensiamo ad un gioco dell’oca): Get in the game, e già questo tipo di presentazione rende l’idea di quanto i linguaggi per esprimersi possano essere fluidi. Il cammino di un gruppo può essere riassunto in quattro compiti fondamentali: saper identificare la propria identità teologica; avere chiara in mente la propria visione, dove si vuol arrivare; riuscire ad identificare i propri piani missionari; di che tipo di leadership tu ha bisogno. In questo “gioco” si può cadere in qualche “buco nero”, legato certo a problemi finanziari (spesso tendiamo a dimenticare che le iniziative hanno dei costi, anche semplicemente per mettere a disposizione Bibbie ed innari) ma non solo: sfide che svelano quanto questo progetto sia molto meno ingenuo di quanto il lettore italiano potrebbe pensare: c’è il buco nero in cui si cade quando la tensione cala e sopraggiunge il senso di stanchezza o di frustrazione perché i risultati tardano. Oppure quando si finisce per pensare che basti un giro tra i siti internet per avere la “chiave del successo”, o ancora quando si scopre che una specifica vocazione (un brillante musicista) è soprattutto fine a sé stessa, come se il culto fosse esclusivamente racchiuso in begli inni e immagini forti e toccanti… la chiesa è anche questo, ma anche di più, molto di più: quando si è identificata la propria identità teologica si può passare oltre, per capire chi sono le persone per cui il nostro cuore batte, come fare a raggiungerle e quali saranno i nostri compagni di viaggio… una bella sfida, vista anche da una prospettiva italiana (seppur provvisoriamente in visita!): noi, che abbiamo una dimensione non certo americana, potremmo accontentarci di 10 progetti di questo tipo! Chi volesse approfondire può visitare il sito http://www.onethousandone.org

Copertina: foto G. Plescan