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La «Rosa Bianca» un messaggio anche per l’Europa del dopoguerra

Lorenzo Tibaldo, attraverso lettere, diari e un’attenta ricostruzione storica, racconta la storia del gruppo di studenti dell’Università di Monaco di Baviera che si oppose al regime nazista diffondendo, tra l’estate del 1942 e il febbraio del 1943, volantini che incitavano il popolo tedesco alla ribellione al nazionalsocialismo. Gli autori di questi manifesti si firmavano Weisse Rose, «Rosa bianca» ed erano un gruppo di giovani resistenti cristiani formato dai fratelli Sophie e Hans Scholl, da Alexander Schmorell, Willi Graff, Christoph Probst e dal professor Kurt Huber. Provenienti da famiglie borghesi, educati alla lettura dei classici letterari e filosofici e dotati di una profonda coscienza etica, essi decisero di rischiare la propria vita per cercare di risvegliare il popolo tedesco dal torpore in cui il regime hitleriano sembrava averlo fatto sprofondare.

L’opera della «Rosa bianca» fu «un incitamento al popolo tedesco a lottare per la libertà, ma anche un messaggio per la futura Europa che nascerà sulle rovine della guerra»1. Non si trattò di una lotta armata, ma di una forma di Resistenza svolta attraverso le parole e gli scritti, per difendere i principi di libertà e giustizia cancellati dall’ascesa al potere del nazismo. I volantini, stampati in casa e distribuiti dagli stessi membri del gruppo, riportavano la preghiera di ricopiarli e diffonderli. In alcuni casi questo invito venne ascoltato e i manifestini trovarono così una diffusione più ampia, in altri casi invece vennero consegnati alla Gestapo per paura di essere coinvolti e accusati di svolgere propaganda ostile al nazismo.

Il 22 febbraio 1943 Sophie e Hans Scholl trovarono la morte, condannati alla ghigliottina dal tribunale speciale, e nello stesso anno vennero ghigliottinati tutti i principali esponenti della «Rosa bianca». Il loro coraggio e la loro dedizione alla difesa degli ideali di libertà, uguaglianza e giustizia fanno di loro, ancora oggi, uno degli esempi più nobili di abnegazione personale e di lotta contro una realtà che imprigiona gli individui e nega i diritti fondamentali. Come ricorda Tibaldo, infatti: «I regimi oppressivi sono frutto non solo e non tanto delle colpe di un capo e dei suoi adepti, e delle circostanze storiche che ne possono favorire l’ascesa, ma anche di un’estesa complicità indiretta fondata sulla passività e sull’indifferenza. Manca quell’etica del dovere che spinge l’individuo ad agire, comunque, per affermare e difendere la verità, fonte ultima della libertà e della giustizia» (p. 206).

* L. Tibaldo, La Rosa Bianca, giovani contro Hitler, Torino, Claudiana, 2014, pp. 215, euro 14,90.

1. Patria indipendente, n. 11/2014, p. 42