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Diritti civili e ministeri all’Assemblea della Chiesa di Scozia

Si è chiusa venerdì 22 maggio l’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, grande chiesa riformata (di tradizione calvinista dal punto di vista teologico e presbiteriana per quanto riguarda l’aspetto organizzativo) che conta oggi oltre 400.000 membri e 800 pastori. I lavori dell’Assemblea sono stati preceduti dalla “Ceremony of the Keys”, un’antica tradizione che si svolge nel palazzo di Holyrood (dove soggiorna la Regina quando è a Edimburgo) e che prevede la consegna delle chiavi della città da parte del Sindaco al Lord High Commissioner, il rappresentante della corona presso l’Assemblea.

Diversamente dalla Chiesa d’Inghilterra, la Chiesa di Scozia non è una chiesa di Stato. Gode infatti di una totale indipendenza da quest’ultimo per quanto concerne le questioni spirituali. L’Assemblea si è costituita sabato 16 maggio nella “Assembly Hall” del New College, sede del primo Parlamento scozzese, con l’elezione del moderatore e successivo suo insediamento. Sono seguiti poi il discorso del Lord High Commissioner e la lettura del messaggio della regina Elisabetta II.

«L’argomento principale e più delicato riguardava le unioni civili tra persone dello stesso sesso all’interno del corpo pastorale e diaconale»,  spiega il diacono Massimo Long, presente all’Assemblea in rappresentanza della Chiesa valdese. «Più di tre ore di sofferto dibattito hanno caratterizzato la prima giornata dei lavori, conclusasi con la votazione di un ordine del giorno che prevede una modifica del regolamento ecclesiastico nella sessione riguardante i ministeri. Con questa votazione (ottenuta con una stretta maggioranza), le chiese locali possono ora chiamare in servizio un pastore o un diacono impegnati in un’unione civile con una persona dello stesso sesso».

Una seconda votazione prevedeva un ordine del giorno che chiedeva all’Assemblea di estendere gli stessi diritti delle unioni civili ai ministri che avessero contratto matrimonio con persone dello stesso sesso. «La proposta è stata votata con un emendamento che chiede di istruire il dibattito nei diversi presbiteri entro la fine dell’anno – spiega Long –. Il rapporto verrà presentato nel corso della prossima assemblea del maggio 2016. Si tratta di un passo che la chiesa compie in linea con il dibattito che avviene nella società civile e che segue la decisione presa dal Parlamento Scozzese nel febbraio scorso, quando è stata approvata la legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso».

Anche altri i temi in discussione: dalla giustizia sociale al cambiamento climatico, dall’educazione alla salute. «Tra le tante decisioni prese – conclude Long – mi preme sottolinearne una che invita il governo britannico a riconsiderare la sua politica a proposito del rifiuto di sostenere i paesi impegnati nelle operazioni di soccorso ai profughi che intraprendono il terribile viaggio sui barconi nel Mediterraneo. Questa decisione mi ha permesso di raccontare, nelle diverse interviste e nei colloqui con altri delegati, quello che la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia sta facendo a Lampedusa e a Scicli, e i vari progetti sui rifugiati che la Commissione sinodale per la diaconia sta portando avanti».

Molti erano i delegati presenti da ogni parte del mondo, testimoni di come la Chiesa di Scozia si senta parte della grande chiesa di Gesù Cristo che lavora nel mondo per condividere l’annuncio dell’Evangelo. Nel dibattito non sono mancate le testimonianze su alcune delle situazioni più critiche che sconvolgono il nostro pianeta, dalla Siria al Nepal.

Fonte chiesavaldese.org

Foto www.churchofscotland.org.uk