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Corridoi umanitari, consensi unanimi

Dal 20 al 27 maggio una delegazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e della Comunità di Sant’Egidio è tornata in Marocco per presentare la proposta di attivazione di un “corridoio umanitario” che consenta a soggetti vulnerabili di raggiungere l’Italia in sicurezza. Una prima missione esplorativa si era svolta nel febbraio scorso. Il progetto dell’apertura di “corridoi umanitari” potrebbe estendersi anche ad altri paesi, costruendo così una vera e propria “rete” a tutela dei soggetti più vulnerabili in attesa di emigrare in Europa.

Oltre che dal presidente della Fcei, pastore Massimo Aquilante, e dalla responsabile per le migrazioni della Comunità di Sant’Egidio, Daniela Pompei, la delegazione era composta da alcuni membri del Consiglio della Federazione – le pastore Gabriela Lio e Maria Bonafede, la ricercatrice Monica Fabbri – e da vari consulenti e tecnici: Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Fcei; Francesco Piobbichi operatore di Mediterranean Hope a Lampedusa; Carlo Cibò, esperto di cooperazione internazionale; Luciano Griso, medico con varie esperienze di partecipazione a missioni umanitarie, non ultima Mare Nostrum; Maria Quinto e Xavier Vidal, della Comunità di Sant’Egidio. Accompagnava la delegazione anche Michela Scolati, dell’Ufficio diaconale delle chiese evangeliche austriache che è stato tra i primi sostenitori del progetto dei “corridoi umanitari”.

Molto denso il programma che ha consentito alla delegazione di incontrare, tra gli altri, Abdallah Boussouf, segretario generale del Consiglio della Comunità marocchina all’estero, che ha espresso grande interesse per la proposta dei “corridoi umanitari” «che rappresentano – ha affermato – una soluzione razionale e sostenibile a un problema che è illusorio sperare di risolvere con la chiusura delle frontiere, i respingimenti in mare o la forza militare».

Di particolare interesse l’incontro che la delegazione ha avuto con Driss El Yazami, presidente del Consiglio nazionale marocchino per i diritti dell’uomo ma soprattutto personalità di grande autorevolezza e ispiratore delle politiche in materia migratoria. «La vostra proposta di aprire un corridoio umanitario è di grande interesse – ha affermato – e merita la massima considerazione da parte del nostro Governo perché, almeno per le sue competenze, la sostenga».

La delegazione ha incontrato anche due direttori generali del Ministero per i marocchini all’estero: «Il nostro governo – ha spiegato Ahmed Skin, direttore per gli affari delle migrazioni – sta varando una legge sull’immigrazione che riconosce che il Marocco non è solo un paese di emigrazione o di transito ma anche di immigrazione. In questo quadro nei mesi scorsi abbiamo varato una sanatoria che ha consentito la regolarizzazione di circa 20.000 persone che vivevano da anni nel nostro paese in condizioni di irregolarità».

Parole di incoraggiamento per il Progetto Fcei-Sant’Egidio anche da Jean-Paul Cavaliéri, rappresentante in Marocco dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), che ha evidenziato la complementarietà tra l’azione del suo ufficio e il progetto dei “corridoi umanitari” che «in fase di realizzazione – ha sottolineato – meriterà un’attenta definizione del profilo delle persone vulnerabili che potrebbero ottenere il visto per ragioni di protezione umanitaria».

Molto costruttivo anche l’incontro con il vescovo di Tangeri, Santiago Angelo Martinez, pastore di una piccolissima diocesi che non conta più di 2000 fedeli ma che gestisce una serie di servizi a favore degli immigrati. In più occasioni il vescovo ha levato la sua voce contro le misure adottate dal governo spagnolo per impedire agli immigrati di oltrepassare le barriere di filo spinato che separano il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. «Siamo pronti a collaborare con voi sin da domani – ha affermato. Sentiamo l’urgenza di fare qualcosa perché mentre l’Europa continua a discutere sul che cosa fare la gente continua a morire mentre cerca di emigrare in Europa».

Di grande importanza, infine, l’incontro con l’Ambasciatore italiano a Rabat, Roberto Natali, che ha ribadito il suo impegno a sostenere questo progetto che si configura come una “buona pratica” e che, proprio in Marocco, può essere testata per verificarne la sostenibilità per un’applicazione su scala più ampia.

«La missione ha dato i frutti sperati – ha commentato al rientro in Italia il presidente Aquilante –. Associazioni e istituzioni marocchine ci incoraggiano a procedere, così, come l’Acnur e la nostra Ambasciata. Con questo, le verifiche preliminari sono concluse e nel corso dell’estate contiamo di insediare un gruppo operativo a Tangeri, in stretta connessione con la Diocesi locale. Questo “desk” avrà la funzione di raccogliere e istruire le domande di visto per protezione umanitaria la cui concessione dipende però da una decisione politica per la quale stiamo lavorando con tutte le nostre forze. Abbiamo già attivato contatti con il Ministero dell’Interno e degli Affari Esteri, raccogliendo espressioni di interesse che però non si sono ancora tradotte in una decisione politica e operativa. Per rafforzare la nostra richiesta, stiamo pianificando degli incontri con le autorità della Ue per spiegare le finalità e le modalità in cui realizzare questa “buona pratica”. In tutto questo ci conforta il grande sostegno che stiamo ricevendo da varie chiese europee, in particolare tedesche, austriache e olandesi. E’ il segnale di un’altra Europa che sa ragionare di immigrazione anche in termini di diritti umani e di solidarietà».

Foto: “Profughi della Vlora in banchina a Bari 8 agosto 1991” by Luca Turi.  Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons