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La religione fa il pieno ma le chiese si svuotano

Neanche un italiano su tre frequenta regolarmente un luogo di culto: la percentuale si è ulteriormente ridotta negli ultimi dieci anni, passando dal 33,4% del 2006 al 29% del 2016. E’ uno dei tanti numeri resi noti dall’Istat, che ha fotografato la “propensione alla pratica religiosa” degli italiani. Mentre negli anni ’60 andava di moda citare i teologi della “morte di Dio”, oggi la religione è in piena rivincita e spesso riempie di significati e di certezze il vuoto politico e culturale esistente. Certo le religioni sono anche sotto accusa per il loro ruolo nei tremendi conflitti odierni: è il fondamentalismo, l’idea che chi non è della tua religione va convertito o eliminato brutalmente. Niente di nuovo.

Ma se la religione “tira”, una persona su cinque dichiara di non frequentare mai la chiesa; il disinteresse per la fede riguarda più o meno tutte le età, anche se gli studenti sono la categoria più agnostica.

La secolarizzazione in Europa è assai più forte (in Svezia, per esempio, il 90% si dichiara religioso, ma solo il 3% praticante). Molti cercano una religione ritagliata sul personale, rifiutano dogmi, precetti morali, istituzione ecclesiastica,vogliono una religione “fai da te”, che non imponga doveri e non chieda responsabilità, “che ti faccia star bene con te stesso”. Quindi la chiesa, al massimo funziona come un “servizio” (dal battesimo al matrimonio e al funerale, alla casa per anziani e oggi al pacco alimentare o alla mensa). Perché andare a messa o al culto? «Ho un mio rapporto personale con Dio, il resto non mi interessa», si sente dire spesso.

Che cosa succede in casa valdese e metodista al riguardo? Il lamento che le chiese sono mezze vuote si sente anche da noi. Sono andato a rileggere qualche cifra riguardante le chiese metodiste e valdesi nel rapporto annuale al Sinodo della Tavola valdese. Tra i dati che possono dare qualche indicazione, ho scelto il numero dei membri comunicanti e quella della media dei frequentanti il culto domenicale. Naturalmente le medie vanno prese con le pinze, vista la differenza di dimensioni tra chiese con più di mille membri e altre con meno di cinquanta.

Uno sguardo al Distretto del Sud ( Sicilia, Calabria, Puglia, Campania) ci dice che nelle 33 chiese presenti sul territorio, con 1308 membri comunicanti, circa la metà segue il culto domenicale. Nel Distretto delle Valli Valdesi, con 18 chiese e 8724 comunicanti (erano 9757 alla fine del 2006, quindi c’è stata una perdita di oltre mille persone in 8 anni) sono solo 1132 (in media) quelli presenti al culto domenicale. Qualche esempio: 150 a Torre Pellice (con 1348 comunicanti)125 a Luserna S.Giovanni (con 1273), 20 a Prali (con 187), 11 a Massello (con 39).

Qualche grande città: Torino (195 al culto su 943 comunicanti), Milano metodista (134 su 232) Milano valdese (114 su 560), Roma piazza Cavour (80 su 282), Napoli Cimbri (25 su 81).

Qualche piccola città: Riesi 17 su 50, Villa S.Sebastiano 23 su 112 Venosa-Rapolla 20 su 65.

Si potrebbe continuare. Perché il culto è così poco frequentato? Perché la domenica mi riposo, perché non mi piace il pastore, perché i sermoni non mi lasciano niente, perché la chiesa si “secolarizza” e non c’è spazio per la spiritualità…

Secolarizzazione: parola difficile da spiegare, che letteralmente significa passaggio di persone o cose dal dominio ecclesiastico a quello del potere civile. Una cosa dunque per certi versi positiva. La modernità non sarebbe stata possibile se non con la secolarizzazione e la laicità. Insomma i conventi sono stati aperti. Nelle nostre chiese la secolarizzazione è spesso vista come abbandono della fede. Come assimilazione dei valori mondani, come abbandono del culto. Però in un versetto dell’epistola ai Romani, che mi sono spesso ripetuto, l’apostolo Paolo non dice di non secolarizzarsi, bensì di essere NEL mondo ma non DEL mondo:

«Non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà».

Questo si può fare solo in una comunità, non ciascuno nella sua cameretta. Dove invece si può recitare il Padrenostro. Ed è nella comunità, nell’assemblea di chiesa, nel culto che si può contrastare la nostra naturale tendenza a seguire il secolo, ad assorbire anche nella vita di famiglia o di giovani coppie un conformismo inaccettabile.

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