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Paolo Paschetto fra massoneria e Chiesa valdese

L’aula sinodale di Torre Pellice mercoledì 1° giugno, nell’ambito delle manifestazioni nazionali dedicate alla Repubblica, ha ospitato un incontro dedicato alla figura di Paolo Paschetto, padre del simbolo della nostra Repubblica. «Paolo Paschetto, la Repubblica, il suo emblema, i suoi valori» era infatti il titolo dell’incontro organizzato dalla Fondazione Centro culturale valdese e dal Grande Oriente d’Italia (Goi), Collegio Circoscrizionale Piemonte e Valle d’Aosta.

Come era prevedibile l’affluenza è stata molto alta, l’aula sinodale si è riempita di molti «massoni» provenienti da fuori il territorio delle valli, oltre che da alcuni pastori, addetti ai lavori, e qualche curioso.

Ad alternarsi al microfono, dopo l’ascolto dell’Inno alla Gioia e dell’Inno di Mameli, prima la presidente della Fondazione Centro culturale valdese, Erika Tomassone, e poi Renato Lavarini, presidente del Collegio Circoscrizionale del Piemonte e Valle d’Aosta, che ha moderato il pomeriggio. Tomassone ha ricordato «che nella Costituzione, la libertà (anche quella di culto) e i diritti (salute, educazione ecc.) sono concetti indirizzati al bene comune».

Lavarini invece ha posto l’accento sulla forte presenza di esponenti della massoneria nella stesura della Costituzione italiana. «Su 556 membri dell’Assemblea Costituente abbiamo verificato che circa 50 appartenevano al Goi e nella commissione dei 75, 8 nomi erano riconducibili alla massoneria».

I primi due interventi sono stati di taglio diverso rispetto a quelli successivi: Daniele Jalla ha tracciato la storia dello stemma della Repubblica disegnato da suo nonno Paschetto, escludendo la sua appartenenza alla massoneria proprio sotto il grande affresco della quercia presente nell’abside dell’Aula.

Marco Novarino dell’Università di Torino e direttore del Centro Studi per la Libera Muratoria ha invece analizzato alcuni articoli della Costituzione italiana, sulla laicità e sul fatto che siamo ancora lontani dalla loro piena messa in opera.

I due interventi finali sono stati quelli più rilevanti e che potrebbero aprire un dibattito all’interno della nostra chiesa. Stefano Bisi, Gran Maestro ha espresso come «il Goi voglia battersi per riaffermare la libertà religiosa nella nostra Repubblica, che è intrisa, fin dall’Assemblea Costituente, di simboli massonici». Bisi ha poi rispolverato la questione XVII Febbraio. «Siamo più vicini al 17 febbraio del 1600, quello in cui fu arso Giordano Bruno, ma pensiamo che questa data potrebbe diventare la data simbolo, il giorno in cui si celebra la libertà religiosa in Italia».

«Non c’è nulla “dietro” a questo incontro – ha infine esordito il moderatore della Tavola valdese, che ha chiuso il pomeriggio – non ci sono accordi segreti con la massoneria. C’è però un domani, un lavorare insieme per raggiungere quella “mente comune” che in settant’anni di Repubblica non siamo riusciti ancora a ottenere. Con la massoneria c’è un reciproco interesse per la battaglia per la laicità nello Stato. Oggi serve una laicità che non sia più solo neutralità, siamo ancora lontani dalla “casa comune” dove ogni fede ha il suo spazio ed è rispettata. Dobbiamo superare l’assenza del simbolo (per cui abbiamo lottato per anni) e trovare lo spazio per ciascuno».