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Giovani e sfida interculturale per alzare lo sguardo delle nostre chiese

Con la sessione sinodale da poco conclusasi, la diacona Alessandra Trotta ha terminato il proprio mandato di presidente del Comitato permanente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia. Le abbiamo chiesto una valutazione degli anni di presidenza: delle difficoltà incontrate, ma anche delle risposte trovate e delle sfide ricevute dalle nostre chiese, a partire da quella ecumenica.

«In questi sette anni – ci ha detto – ho incontrato la fatica di molte chiese, con tessuti comunitari sempre più fragili, ad alzare lo sguardo oltre la routine; ma anche un crescente impegno di tanti giovanissimi, attivati dall’ottimo lavoro svolto dalla Federazione giovanile battista, metodista, valdese; e l’approfondimento del livello della sfida interculturale vissuta all’interno delle nostre chiese, capaci di sperimentazioni coraggiose e creative in un ambito di impegno tanto cruciale per il destino del nostro paese e dell’Europa. Sul fronte ecumenico, appartenere a una famiglia mondiale che ha sempre svolto, con il suo “spirito cattolico” (titolo di uno dei più noti sermoni del fondatore John Wesley) un ruolo di avanguardia nell’apertura di nuovi fronti di dialogo e collaborazione fra le varie Chiese cristiane, ha consentito anche ai metodisti italiani (sempre esposti con gli altri protestanti alla tentazione di ripiegamento in atteggiamenti diffidenti e chiusure difensive) di ossigenare i polmoni e alimentare la speranza pure in anni assai lontani dall’odierna “primavera” ecumenica».

L’anno scorso abbiamo ricordato l’integrazione: quali elementi ne sono oggi un punto di forza? Io personalmente ne vedo uno nel ricorso non solo formale al modello dei Circuiti per svolgere l’attività locale di predicazione e testimonianza…

«L’idea forte del coordinamento e della messa in comune di risorse fra chiese vicine, in vista dello sviluppo di una missione condivisa in un territorio più ampio della propria “parrocchia”, è certamente un’eredità preziosa del metodismo; insieme al forte ruolo dei laici e, credo, a una maggiore flessibilità e apertura a cambiamenti e innovazioni in risposta al mutare delle condizioni».

In che cosa consisterà l’incarico che sta assumendo in questi giorni?

«In coerenza con quanto “predicato” per anni, sarò impegnata proprio nella promozione e nel supporto di un diverso modo di “lavorare insieme” da parte delle chiese metodiste e valdesi dell’area di Napoli e Portici, una terra ricca di straordinarie risorse e potenzialità umane, ma anche di forti sofferenze, in cui sembra difficile coltivare la fiducia nella possibilità di un cambiamento che emancipi da logiche di sopraffazione e asservimento che, da siciliana, ben conosco. Dopo molti anni di impegno in gestioni “pesanti”, un lavoro fortemente “comunitario” (in senso sia ecclesiastico che civile) e in team, che potrò condividere con i pastori e le pastore e con tanti fratelli e sorelle già impegnati con passione e determinazione nel territorio».

Foto: P.Romeo/Riforma