sciopero_operai_pirelli_fuori_dalla_fabbrica_milano_1969

Quando la politica era anche formazione del cittadino

Una recente pubblicazione* a cura di Giorgio Merlo, per varie legislature deputato del Collegio di Pinerolo, comprendente anche il territorio delle valli valdesi, e di Gianfranco Morgando, già amministratore locale, parlamentare e sottosegretario in ministeri economici, affronta la storia della sinistra sociale della Democrazia cristiana, e in particolare la corrente «Forze nuove», che faceva capo a Carlo Donat-Cattin. Merlo, con un percorso che lo ha portato al Partito popolare e a un suo ruolo all’interno del Pd, è anche giornalista; Morgando a sua volta ha partecipato all’esperienza della «Margherita», alla nascita del Partito popolare, al Pd.

La vicenda di «Forze nuove» e della sinistra sociale rappresenta un pezzo di storia del fare politica, in particolare nella Torino e nel Piemonte del dopoguerra: un fare politica lontano dai modi attuali; un fare politica coinvolgendo le persone a partire dalla base e soprattutto – ciò che maggiormente manca in questi ultimi tempi – facendo formazione. La classica «gavetta» che ormai viene saltata a piè pari, dacché la politica la fanno gli imprenditori o i personaggi famosi. La storia della Dc, scrive Giorgio Merlo, comunque la si possa giudicare, «non si può ridurre al solo partito», e proprio questo è un elemento da rimpiangere, che accomunava all’epoca l’altra «grande parrocchia», il Partito comunista – e un discorso su più contenute dimensioni si poteva fare per le altre forze di minore consistenza numerica.

Il libro si compone innanzitutto di due ampie introduzioni, una per ognuno dei curatori, e poi seguono una serie di interviste a politici, sindacalisti, intellettuali, anche uomini di chiesa come mons. Luigi Bettazzi, e si giova della prefazione di un «prete di strada», come si definisce Antonio Mazzi. Giustamente il prefatore richiama un recente libro dello storico Aldo Schiavone dedicato alla figura di Ponzio Pilato, perché il dialogo fra il funzionario imperiale e Gesù Cristo è un «confronto tra Cesare e Dio talmente profondo e “politico” da porre le fondamenta della civiltà moderna». Insomma, la politica di allora decise, sulla scorta dell’esperienza del sindacalismo cattolico, di partecipare alla gestione del pubblico, con tutti i rischi del caso: era, certo, l’Italia che si rialzava dalla distruzione della guerra, che aveva scelto la Repubblica e si era data una Costituzione in uno spirito di unità d’intenti difficilmente riproducibile; larghi strati di popolazione anche immigrata (la Torino della Fiat e di tutto l’enorme indotto metalmeccanico) andavano a una sorta di scuola sul posto di lavoro; il loro spostamento metteva a contatto provenienze regionali diverse.

Era un’Italia che cambiava, e – bisogna dire – anche una Chiesa cattolica che, a cavallo del Concilio Vaticano II, cambiava e si dava degli strumenti nuovi: un elemento centrale fu per esempio costituito dalla pastorale del lavoro: Luigi Bettazzi cita al proposito una figura ben nota al lettore protestante e soprattutto valdese, cioè Pietro Giachetti, vescovo di Pinerolo negli anni 1976-1998 (p. 180). Un altro riferimento interessante e curioso si può trovare nel contributo di Ruggero Orfei, già membro della presidenza delle Acli e collaboratore di svariate testate giornalistiche. Egli rievoca, in particolare, l’attività del settimanale Settegiorni in Italia e nel mondo, avvezzo a porre problemi scomodi nel quadro politico complessivo (come quello della pace), sul quale, in un particolare frangente, «si giunse persino a fare una copertina su Lutero col titolo di un ripensamento della Chiesa che solo adesso ci accorgiamo quanto fosse anticipato pure nella sua attualità» (p. 136). Sul giornale, tra le altre comparivano firme di persone che sarebbero state interlocutrici del mondo protestante: Lidia Menapace, David M. Turoldo, Adriana Zarri, e persino il pastore Giorgio Girardet.

Fra i nomi dei personaggi intervistati troviamo poi quelli di Gennaro Acquaviva, Sergio D’Antoni, Franco Marini, la stessa Menapace, Diego Novelli a lungo sindaco di Torino, Guido Bodrato. Certo molti nomi dei politici a tempo pieno citati o richiamati dagli interventi dicono di un passato che ormai si stenta a riconoscere. Come scrivono i curatori, quella esperienza non è ripetibile. Ma dobbiamo considerare che le esperienze «non ripetibili» non sono come le ricette in farmacia: alcune di esse, infatti, lasciano il segno (mentre altre, parimenti «non ripetibili», lasciano il vuoto); lasciano il segno e lasciano insegnamenti, costringono a strutturare il pensiero e l’azione. Il difficile è oggi discernere tra le une e le altre; il dispiegarsi delle fonti d’informazione, paradossalmente, non aiuta, perché manca una dimensione comunitaria della crescita e della formazione degli individui; ognuno e ognuna per sé. I risultati di questa cultura sull’attuale politica, senza farne una questione di schieramento, si vedono e non sono confortanti.

G. Merlo – G. Morgando (a cura di), La sinistra sociale. Storia, testimonianza, eredità. Roma, Edizioni Studium, 2016, pp. 242, euro 16,50.

Immagine: Di Archivio De Bellis/Fotogramma – http://milano.repubblica.it/multimedia/home/13458781/1/7, Pubblico dominio, Collegamento