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Bartolomeo I, il Patriarca «verde»

Nel 2008 – ricorda Marianne Ejdersten, direttrice della comunicazione del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) – la rivista Time indicò il patriarca ecumenico Bartolomeo I come una delle 100 persone più influenti al mondo per aver definito «l’ambientalismo, una responsabilità spirituale». Oggi la giornalista riporta sul sito del Cec un’intervista recentemente fatta al Patriarca ad inizio dicembre in occasione di un incontro con il segretario generale dell’organismo ecumenico delle chiese, il pastore Olav Fykse Tveit.

«Il ruolo del Patriarca come leader spirituale del mondo cristiano ortodosso e figura di rilevanza mondiale cresce giorno dopo giorno – ricorda Marianne Ejdersten –. Bartolomeo I ha fatto sforzi enormi per difendere il principio della libertà religiosa, i diritti umani e promuovere iniziative per il dialogo interreligioso, che insieme al suo impegno per la pace internazionale ha visto un suo particolare sforzo profuso per la tutela dell’ambiente».

Parte della conversazione – intervista – a Bartolomeo I, è stata realizzata all’interno del Patriarcato ecumenico di Istanbul all’inizio di dicembre, quando, il segretario generale del Cec, il pastore Olav Fykse Tveit, ha incontrato il Patriarca in un’occasione particolare, i festeggiamenti per suoi 25 anni come arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico. Nato nel 1940, con il nome di Demetrio Archondonis nell’isola di Imvros (oggi, Gokceada, Turchia), Bartolomeo è stato eletto nell’ottobre del 1991 270simo arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico, in passato aveva operato nel Consiglio ecumenico delle Chiese come membro della Commissione Fede del Cec ed è stato alunno dell’Università di Bossey.

«Siamo lieti che l’accordo di Parigi sia stato ampiamente accettato – ha rilevato Bartolomeo alla sua intervistatrice e a Tveit – . Siamo stati coinvolti nelle prime fasi dei preparativi della COP 21 grazie al gentile invito del governo francese. Abbiamo accompagnato il presidente Hollande nelle Filippine e partecipato ad un vertice interdisciplinare a Parigi prima della Conferenza delle Parti, nel dicembre del 2015. La ventiduesima sessione della Conferenza delle Nazioni Unite delle parti sui cambiamenti climatici a Marrakech è stato un altro motivo per festeggiare.

Sono passati tanti anni dal summit di Rio del 1992, un periodo troppo lungo per dover ancora rispondere a questa crisi ambientale che ha connessioni intime e inseparabili con la povertà, le migrazioni e disordini globali. Quale prezzo siamo disposti a pagare per il profitto? Quante vite siamo disposti a sacrificare per un mero guadagno materiale o finanziario?

[…]. È finalmente giunto il momento per tutti noi di guardare i volti umani colpiti dai nostri peccati ecologici. Navighiamo tutti nella stessa barca. Il cambiamento climatico non è il problema di una nazione o di un’altra, di una etnia o di un’altra, di una religione o di un’altra. Noi possiamo rispondere al cambiamento climatico assumendoci le nostre responsabilità insieme, come credenti e come cittadini del mondo che abitiamo».

Il nostro mondo sta cambiando rapidamente – ricorda ancora il Cec a Bartolomeo – viviamo in tempi difficili, ma il credente sa che il Signore è presente e attivo nel mondo. Qual è oggi la più grande sfida per la vita dei fedeli e qual è l’annuncio del Vangelo?

«Questi sono davvero tempi difficili, anche bui – risponde Bartolomeo –. È un compito assai complesso discernere la presenza di Cristo dalla turbolenza del nostro mondo. Tutto intorno a noi assistiamo al dolore e alla sofferenza, incertezze e ostilità. La tentazione di ogni cristiano è quella di saltare troppo spesso a considerazioni e giudizi immediati di condanna, trovando il male nella società e nel mondo. Tuttavia, sarebbe una risposta troppo semplicistica e improduttiva. La sfida per noi cristiani è quella di concentrarci su Cristo per trasformare il buio in luce, la disperazione in speranza, la sofferenza nella riconciliazione».

Consigliamo la lettura integrale sul sito: www.oikoumene.org

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