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La Chiesa svizzera di Genova: un passaggio di consegne nel cammino di fede

Gli archivi conservano solo una parte di quanto gli uomini e le donne vissero. Oggi si ripropone in modi e modalità diverse. La storia non varia molto.

 

Recentemente ho visionato con Liliane Moser l’archivio della chiesa svizzera di Genova, tra le fondatrici, nel 1857, dell’Ospedale evangelico internazionale. Diversi volumi, rilegati in cuoio, che costituiscono la storia di questa chiesa, che si concluderà il 31 dicembre 2016. Atti di battesimo, matrimonio, morte, verbali del consiglio e dell’assemblea e così via. Per decisione dei membri della chiesa questo materiale troverà posto a Torre Pellice nell’archivio storico della Tavola valdese, mentre una copia digitale sarà trasferita all’associazione elvetica di Genova. Gli studiosi avranno quindi del materiale sul quale compiere delle ricerche. Per medesima volontà dei membri di chiesa saranno trasferiti alla chiesa valdese di via Assarotti alcuni arredi: il tavolo della Santa cena, la relativa tovaglia e il leggio con l’imponente Bibbia. Il servizio di Santa cena è stato donato alla chiesa luterana di San Remo. Nei locali di via Peschiera resterà l’organo insieme ad altri arredi della comunità, collocati nel locale di culto. Tra essi l’imponente pulpito in legno.

La storia di questa comunità si dipana dal 1824 al 2016. Un arco di quasi due secoli che ha contrassegnato la vita e l’opera di una comunità riformata sul territorio genovese. Il commercio, fin dagli albori, svolge la sua parte preponderante nel coagulare il nucleo originario. Nel 1882 sappiamo dell’esistenza di un cimitero collocato alla cava e poi di seguito trasferito a Staglieno. La comunità dovette avvalersi di diverse sedi (tra cui una in via Curtatone) giungendo ad aprire nel 1890 i locali di via Peschiera. La chiesa fin dal 1850 aveva aperto la gestione di una scuola, successivamente trasferita alla Confederazione svizzera. Tra i membri della comunità, per citarne alcuni, i De La Rue e i De La Rive, legati per interessi economici, tra l’altro, al Conte Camillo Benso di Cavour. Alcuni di questi nomi sono ancora rintracciabili a Staglieno.

Una storia comune ad altre realtà protestanti che nel corso del tempo si radicarono in realtà dove si erano trasferite per ragioni prevalentemente economiche e commerciali. I registri delle chiese sono un susseguirsi di date che accompagnano gli avvenimenti della vita delle persone. Vi è una storia, per intenderci quella sociale, difficile da scrivere in quanto resta in qualche modo celata per sempre. La si potrebbe ritrovare nei diari, nella corrispondenza e così via. E da che punto di vista? Degli adulti? Dei giovani? Delle donne o degli uomini?

Che sentimenti li accompagnano, quali sensazioni portavano la scoperta di nuove realtà nelle quali si sarebbero installati? Le case che abitarono? Come trascorsero il loro tempo?

Facciamo un riferimento tratto da una sorta di memoria lasciata da Margarete Pannemberg. La giovane, nata ad Anversa nel 1896 (genitori tedeschi e olandesi), passata per Berna e in seguito a Lugano, arriva a Genova con la famiglia nel 1897 e vi si ferma fino al 1900. Nelle sue memorie descrive i luoghi dove visse, la scuola che frequentò, i pochi amici (la famiglia Perazzi e Malan, oriunda di Torre Pellice) la pratica con il dialetto genovese.

Tre anni dopo la partenza. La notte del 24 giugno (festa di San Giovanni) salpa con la famiglia alla volta della Sicilia: «Vista dal bastimento, la città che si allontana, è una visione, uno spettacolo, unico con i magnifici fuochi d’artificio». In quell’isola si installarono mettendo salde radici che durano ancora oggi. Nulla è detto delle chiese che incontrò o della sua formazione religiosa. Probabilmente incontrarono la comunità svizzera e i valdesi. Ma non ci è dato di sapere.

Oggi altre persone provenienti da contesti diversi rivivono, pur nell’aggiornamento dei tempi, le medesime vicende descritte da questa donna. Non sappiamo se lasceranno memoria di quanto hanno vissuto. Nell’appunto che accompagnava le note della Pannemberg, una discendente annotava:  «La vita è davvero un’avventura sorprendente, sempre!». Sicuramente è vero per le persone che costituiscono le comunità, comprese quelle di fede.

Fonte: “Temporanea”, circolare della chiesa valdese di via Assarotti (Genova), dicembre 2016