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Ministri di riconciliazione di fronte alle emergenze

L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione: è il motto biblico, ispirato al capitolo 5 della seconda lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi, che guiderà la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Spuc) 2017, in agenda dal 18 al 25 gennaio. Nell’anno in cui ricorre il cinquecentenario della Riforma protestante avvenuta nel 1517 a Wittenberg, in Germania, il materiale per la preghiera è stato preparato proprio dalle Chiese cristiane tedesche. Ne parliamo con il pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).

«I materiali proposti sono molto interessanti perché hanno un duplice accento: da un lato si mette in rilievo il messaggio positivo della giustificazione per sola grazia, che è stata ed è al centro della teologia delle chiese della Riforma; dall’altro un accento “penitenziale” nel riconoscimento delle divisioni di cui ha sofferto la chiesa di Cristo in seguito all’evento del 1517. La Spuc si offre come un’opportunità per fare ulteriori passi verso la riconciliazione, che è appunto il tema della settimana».

La riconciliazione è prima di tutto un dono di Dio. Eppure alle chiese cristiane è affidato il ministero della riconciliazione. In quali contesti i cristiani sono chiamati ad essere ministri di riconciliazione?

«Innanzitutto siamo ministri della riconciliazione nella misura in cui viviamo la riconciliazione tra cristiani. Detto questo, credo che il primo compito del ministero della riconciliazione sia di riprendere con forza il cammino ecumenico che non significa superare con un colpo di bacchetta tutte le diversità che ancora esistono. In questi ultimi anni anche Papa Francesco ha opportunamente sottolineato quello che noi protestanti diciamo da anni e cioè che l’unità, che è un dono di Dio, non significa uniformità. Nonostante le diversità esistenti sul piano ecclesiologico ed etico, come cristiani possiamo vivere in tensione verso l’unità. A partire da ciò possiamo essere ministri di riconciliazione, ad esempio, nell’accoglienza di coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame, e nell’impegno ad evitare uno scontro frontale tra culture e visioni del mondo diverse».

Negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi nel cammino ecumenico verso l’unità, ma c’è ancora della strada da percorrere. Quali sono i temi che dovrebbero ricevere una particolare attenzione?

«Il primo, emerso al recente convegno di Trento sui 500 anni della Riforma organizzato con la Conferenza episcopale italiana, è di creare finalmente in Italia una Consulta ecumenica. Inoltre, vogliamo continuare a lavorare insieme nell’accoglienza dei rifugiati con la buona pratica ecumenica dei corridoi umanitari, e anche nella lotta al fenomeno della violenza sulle donne, ripartendo dall’appello ecumenico lanciato nel 2015 da cattolici, protestanti e ortodossi. Infine, tra i temi che ci stanno a cuore, c’è la cosiddetta “ospitalità eucaristica” che riguarda in particolare le coppie interconfessionali: pensare che si possano fare dei passi in avanti in questo campo anche nel nostro paese, sarebbe positivo».

Immagine: by Andreas Wahra, edited by Entheta – own photography (Andreas Wahra) Image:Cefalu Christus Pantokrator.jpg, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2344139