lenzuolo

«Come farò senza di te»: gli oggetti perduti dei migranti

«Signor Gutierrez, nei giorni immediatamente prima di tale udienza qualcuno l’ha costretta a dichiararsi colpevole?», «No, Signore!». «In questo momento ritiene di essere nel pieno delle sue facoltà?», «Sì, Signore!». «Sa qual è il reato che le viene contestato? Quale il massimo della pena previsto? Quale il minimo?», «Sì, Signore!». «La polizia di frontiera sostiene di averla trovata a circa 13 miglia a nord della frontiera degli Stati Uniti, senza un titolo che la autorizzasse a trovarsi sul territorio del Paese. Corrisponde al vero?», «Sì, Signore!». «Dunque si dichiara colpevole o innocente?», «Colpevole!». «Grazie, signor Gutierrez! Questa corte la condanna a cento giorni di detenzione ed immediatamente dopo a essere accompagnato alla frontiera più vicina al centro di detenzione!».

«Signora Lopez, nei giorni immediatamente prima di tale udienza…». I muri del Tribunale di Tucson assistono indifferenti, ogni pomeriggio, cinque giorni a settimana, alla stessa scena. Cinquanta, sessanta persone in piedi, uomini e donne, manette ai polsi e catene ai piedi, di fronte al giudice. Un’udienza che dura qualche ora. Ogni tanto il dialogo avviene con l’aiuto di un traduttore. Gli altri tutti in silenzio. Persino il procuratore, l’accusa, non ha bisogno di parlare. Sbadiglia.

Centinaia di persone in catene, un’interminabile teoria di esseri umani incarcerati e poi deportati, costretti a dichiararsi colpevoli in pochi secondi di udienza. Colpevoli di aver attraversato una delle decine e decine di frontiere militarizzate del mondo. Tra gli sbadigli del Pubblico Ministero. Nella Bibbia il pubblico ministero è «Satana». Ecco, la frontiera degli Stati Uniti, uno dei Paesi baluardo della democrazia, vive degli sbadigli di Satana. Questa liturgia si ripete ogni pomeriggio, decine e decine di volte e nella sua fredda ripetitività ha normalizzato la criminalizzazione dei migranti. Attenzione, chi scrive si trova negli Stati Uniti da qualche settimana, proprio nei giorni dell’insediamento della nuova amministrazione, ma la liturgia appena descritta è quella messa in campo, nei decenni, dalle amministrazioni repubblicane e democratiche succedutesi negli ultimi vent’anni. Ciò che cambierà con Trump, si dice, è che di fronte a quel giudice burocrate ci finiranno tutti e non solo alcuni. Quindi più carceri, più giorni di detenzione, più deportazioni. Ma la liturgia resterà la stessa.

Tra il pubblico, in silenzio, anche i volontari dell’associazione Samaritans. Ogni pomeriggio ce n’è almeno uno, che annota nomi, età, nazionalità, giorni di condanna. L’associazione Samaritans ha sede a Sahuarita, presso i locali della Good Schepherd United Church of Christ di Sahuarita – Green Valley, dove mi trovo a passare due mesi nel quadro del progetto Effee, promosso dalla Tavola valdese e dalla American Waldensian Society. I Samaritans sono circa settanta persone, molte delle quali membri di chiesa. Vanno nel deserto a portare acqua e viveri, lungo le strade battute dai migranti. In quella porzione di deserto dove negli ultimi dieci anni sono morte circa duemila persone, per la sete, gli stenti, per essersi perse. Spesso trovano oggetti: biciclette, borracce, vestiti, zainetti, oggetti di corredo. Il poco che chi viaggia riesce a portarsi dietro.

Conservano tutto, i Samaritans, anche copertine come quella della foto: «come farò senza di te». Un oggetto dato da una nonna a un nipote, forse, perso come i suoi familiari tra i cactus. I Samaritans vanno a fare volontariato oltre frontiera, a Nogales, dove un’associazione cattolica distribuisce pasti agli ultimi della terra. Ragazzini di quindici anni a cui bisogna raccomandare di non tentare la traversata da soli, altrimenti si rischia di morire. Martedì scorso sono arrivati quattro ragazzi haitiani: «Ciccio, parli francese? Fatti raccontare la storia del loro viaggio!». A lunedì alterni i Samaritans si incontrano nel tempio e prima di iniziare la riunione fanno una preghiera che si conclude con il saluto benedizione «Vaya con Dios». Speriamo che almeno Dio non sbadigli.