palermo-politeama-bjs-1

Palermo capitale della cultura 2018, una sfida e un’opportunità

L’assegnazione a Palermo del titolo di “capitale italiana della cultura” 2018 da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha indubbiamente un forte valore simbolico, perché rende al grande pubblico l’idea di una città inserita nelle reti e nei circuiti globali, non solo quelli turistici ed economici, ma anche quelli di tutela dei diritti umani e civili e quelli, sempre più importanti, che mettono in connessione tra loro entità, di varia tipologia e natura, impegnate nella valorizzazione del confronto tra culture. Infatti, una delle peculiarità della proposta avanzata al MIBACT dal Comune di Palermo era proprio quella di porre al centro dell’attenzione nazionale durante l’anno prossimo, tramite eventi che tradizionalmente si svolgono nel capoluogo dell’isola – il Gay Pride o il Festival delle Letterature Migranti, solo per citarne due -, i diritti dei migranti o degli omosessuali o la ricchezza di un tessuto culturale e sociale tradizionalmente rappresentato come frutto di un incrocio tra culture e religioni. Inoltre, particolarmente significativo appare proporre un’idea di cultura in cui elementi qualificanti sono la proposta di una società inclusiva; la capacità di accoglienza mentre buona parte del mondo alza muri; le differenze considerate come valore.

Si tratta dunque di un’opportunità per smentire di fronte all’opinione pubblica ogni stereotipo di insularità, di “arretratezza” economica, di inscindibile legame con la criminalità organizzata e per sottolineare il lavoro di quanti, singoli o soggetti collettivi, in questi decenni hanno lavorato per rendere la cultura e l’“industria” a questa legata un fattore di crescita civile e sociale; per fare questo è stato necessario porsi continuamente in rete e provare insieme a costituirne un nodo decisivo. È opportunità anche per porre alla ribalta dei mezzi di comunicazione nazionali l’impegno quotidiano di operatori della cultura di vario tipo e livello che da anni – quasi esauritisi i rubinetti del finanziamento pubblico, talvolta viziati dal clientelismo – mantengono l’offerta culturale della città a livelli dignitosi per portata degli eventi, per elaborazione di forme e messaggi e per impatto economico. Rendono dunque vivo un territorio urbano con un ricchissimo patrimonio architettonico, storico-artistico e ambientale e con un buon numero di musei e teatri.

Tuttavia, non appaiono solo opportunità all’orizzonte ma anche concreti rischi: potrebbe trattarsi di una sterile vetrina … in fondo la gran parte degli eventi previsti si sarebbero svolti comunque; i finanziamenti del MIBACT saranno solo di un milione di euro e il resto della spesa per mostre, eventi e infrastrutture dovrà essere racimolata dai capitoli ordinari di spesa o bisognerà sperare che vengano finanziati progetti nell’ambito dei bandi europei. E, inoltre, nella prossima primavera i palermitani saranno chiamati alle urne per rinnovare l’amministrazione comunale e la proclamazione della città a “capitale italiana della cultura” potrebbe essere facile argomento della campagna elettorale. Infine, il rischio più grosso è quello di considerare il 2018 un punto di arrivo, con la conseguenza di un ingessamento della volontà politica e delle azioni finalizzate alla cura della città e alla creazione di opportunità di lavoro, specialmente per i giovani.

Le chiese valdesi e metodista di Palermo da molti anni sono presenti sulla scena culturale e sociale della città con il proprio centro intitolato al pastore Giacomo Bonelli – arso sul rogo dall’Inquisizione nel 1560. Il Centro Evangelico di Cultura funge ormai da consolidato luogo di confronto fra fedi, culture e linguaggi e nell’anno cinquecentenario della Riforma protestante sta promuovendo un ricco programma di iniziative non solo di celebrazione ma anche di dibattito sulle trasformazioni indotte dalla Riforma nella società europea. Questo percorso di rilettura dei rapporti fra cultura e società dell’Europa e Riforma protestante già ora si incrocia con il fermento legato alla proclamazione di Palermo a “capitale culturale”, specialmente per quanto riguarda il versante dei diritti civili, del dialogo interreligioso e dell’attenzione ai migranti. Su quest’ultima tematica un ponte efficace tra chiese e mondo culturale e sociale è rappresentato mentre scrivo dal grande impegno per l’accoglienza presso il Centro Diaconale La Noce di alcune famiglie siriane giunte in Italia tramite i “corridoi umanitari”. Proprio su questi temi e tramite il prezioso strumento del CEC Bonelli, nel 2018 le chiese valdesi e metodiste di Palermo potrebbero divenire parte di un prezioso spazio di condivisione, confronto ed elaborazione costituito dalle tante realtà che operano l’animazione culturale nelle pieghe del territorio cittadino e che dovrebbe costituire il tessuto connettivo su cui si innesterebbe l’azione delle grandi istituzioni. Proprio questo agire comune potrebbe essere un efficace antidoto all’utilizzo come semplice vetrina del titolo di “capitale culturale d’Italia” e uno stimolo a non fermarsi poiché – come dimostra la forte emigrazione, specialmente giovanile – uomini, associazioni e istituzioni non possono permettersi di abbassare la guardia.

Immagine: Di Bjs – Opera propria, CC BY-SA 2.5, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=542179