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«Chi c’è stato vuole sempre tornarci…»

Nel 2015 il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste ha preso una decisione importante, affidare alla Csd – Diaconia valdese la gestione di Casa Cares, una struttura che concilia accoglienza turistica, agricoltura biologica e accoglienza ai rifugiati.

La decisione non è stata facile, date le ingenti spese necessarie per ristrutturare l’antica tenuta vicino a Reggello (Fi). Qui, circa mezzo secolo prima, si era insediata l’opera del «Comitato di Accoglienza Ragazzi e Studenti», Cares appunto, diventata col tempo luogo d’incontro, riposo e riflessione per gruppi internazionali interessati alla spiritualità e alla natura, grazie al lavoro appassionato dei coniugi Paul Krieg e Antoinette Steiner.

Con il loro pensionamento e l’urgenza dei lavori, si è aperta l’incognita sul futuro della struttura, entrata nei ranghi della Csd il 1° gennaio 2016, ma anche una nuova fase, con l’accoglienza delle prime famiglie giunte in Italia nel febbraio 2016 con i Corridoi umanitari.

Dal 1° dicembre è entrata in servizio la nuova direttrice, Barbara Imbergamo, già in organico nella Csd nell’ambito del lavoro sul Fundraising, con un nuovo Comitato di gestione.

Nata a Palermo da una famiglia valdese (la nonna era originaria di Riesi), dopo gli studi in Storia contemporanea a Firenze e il dottorato ha lavorato per dieci anni in una cooperativa che si occupa di ricerca sociale, fondata insieme ad altre ricercatrici. Questa esperienza, seppur lontana dal mondo delle foresterie, le ha trasmesso alcune competenze utili (analisi dei dati, ricerche di mercato, gestione di gruppi e del personale) anche in questa nuova attività. E la sua formazione di storica le dà una chiave per entrare nel mondo tutto particolare dell’istituto, ci racconta: «Ho incontrato Paul e Antoinette per il “passaggio di consegne” soprattutto riguardo alla memoria del luogo, e mi hanno detto c’è un piccolo archivio che racconta tutta la vicenda dell’istituto, un aspetto che dal mio punto di vista di storica mi interessa molto, vorrei capire che cosa fare per poterlo valorizzare».

Quali sono le prime impressioni, sotto il profilo turistico?

«Analizzando l’offerta locale mi sono resa conto che ci sono molte strutture alberghiere meglio attrezzate per un’offerta media (ad esempio con la piscina), per cui penso che dobbiamo continuare a porci come struttura ricettiva per soggiorni lunghi, di gruppo, piuttosto che rivolgerci alla coppia che vuole fermarsi un finesettimana. Abbiamo stanze con tanti letti, spazi comuni molto belli: uno degli ultimi lavori fatti con Paul Krieg è stata la completa ristrutturazione del teatro-cappella (così chiamato perché nel passato ebbe entrambe le funzioni), molto apprezzata e sicuramente da valorizzare. Quindi credo che dobbiamo formulare delle proposte per incrementare l’utilizzo della struttura da parte di gruppi che ancora non la conoscono».

In questo momento quella dei lavori di ristrutturazione è la sfida più grande: a che punto sono?

«I lavori interessano il tetto, le facciate e alcuni locali come la cucina; dobbiamo cercare di mantenere l’offerta turistica nonostante le impalcature, cosa non facile, i gruppi arriveranno a marzo e dovranno indovinare la bellezza del posto… verso la fine della primavera dovremmo essere a buon punto e faremo un’inaugurazione dell’edificio rinnovato in tutta la sua bellezza».

L’esperienza dell’orto biologico, da sempre incentivata, continuerà a essere una parte importante dell’attività di Casa Cares, affiancando l’aspetto produttivo a quello formativo?

«Sì, in particolare i gruppi di americani che già venivano con Paul e torneranno, hanno chiesto di inserire nel loro programma anche momenti di incontro sul tema dell’agricoltura biologica. Inoltre il nuovo Comitato di gestione è presieduto da Antonino Saponara della Chiesa dei Fratelli, che è un agronomo e sarà quindi una risorsa molto preziosa per il nostro lavoro».

Casa Cares è stata anche una delle prime sistemazioni per le famiglie accolte dai Corridoi umanitari. Com’è l’esperienza?

«Nella casa colonica annessa alla villa padronale si trova una ventina di persone, alcuni hanno già trovato altre collocazioni. Qualcuno, soprattutto giovani uomini, ha cominciato a lavorare nell’orto, ci sono varie mamme con bambini che sostanzialmente stanno in casa, li incontriamo quando vanno ai corsi di italiano, abbiamo fatto qualche pranzo in comune, ma per il resto non abbiamo molti momenti di interazione. Non è facile costruire un rapporto in tempi brevi: in parte per problemi linguistici, di salute, vivono un momento molto difficile, sono spaesati e non sempre hanno voglia di interagire con tutti! Stiamo lavorando con gli operatori per capire come costruire un rapporto nel rispetto dei loro bisogni e con il Servizio volontariato della Csd stiamo ipotizzando di avere il prossimo autunno dei volontari che lavorino sia su Casa Cares sia con loro in modo da legare le due realtà».

Quello dei volontari è un altro aspetto caratteristico di Casa Cares, che da sempre accoglie persone da diverse parti del mondo.

«Al momento abbiamo tre volontari, un italiano, un cileno e una ragazza tedesca, per periodi dai 2-3 mesi a periodi più lunghi. In primavera ritornerà una volontaria adulta, una signora che viene qui da diversi anni. Perché Casa Cares è così, suscita questi sentimenti d’amore: chi c’è stato, vuole sempre ritornarci…»

Immagine: via casacares.it