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Chiese e politica secondo Trump

E’ evidente che, già nei suoi primi cento giorni, Donald Trump voglia mantenere fede a tutte le promesse della campagna elettorale. Non bastavano la stretta agli ingressi di cittadini provenienti da sette Paesi islamici (fortunatamente cassata, almeno per ora, dalla Corte di appello di S. Francisco), la conferma della costruzione del muro alla frontiera tra Texas e Messico e la retromarcia sull’intesa raggiunta da Obama con l’ONU per l’accoglienza di 1.250 rifugiati, per la gran parte iraniani, attualmente ospitati in centri di raccolta australiani, provocatoriamente definita come “l’intesa più idiota di sempre”, ora Trump vuole anche mettere mano a un tema delicato quale il rapporto tra Stato e chiese.

Secondo l’agenzia Reuters, il 2 febbraio scorso, parlando ad una platea di rappresentanti politici e responsabili religiosi, Trump ha attaccato il cosiddetto emendamento Johnson, una legge del 1954 che impedisce alle organizzazioni che sono esenti da imposte (in primis le chiese e le altre organizzazioni di culto, ma anche le associazioni di volontariato che svolgono attività nel sociale) di fare esplicita attività politica, partecipando direttamente o indirettamente a campagne a favore (o a sfavore) di un candidato politico. “Mi sbarazzerò dell’emendamento Johnson, lo distruggerò totalmente per permettere ai nostri rappresentanti di culto di parlare liberamente senza il timore di rappresaglie. Lo farò, ricordatevelo”, ha dichiarato il neo presidente, con il consueto piglio energico al quale ci dovremo abituare.

Nel corso della sua campagna elettorale, Trump si era espresso più volte contro l’emendamento Johnson, un atteggiamento accolto con favore negli ambienti cristiani evangelical, ove spicca la figura di Jerry Falwell Jr., figlio omonimo del famoso telepredicatore e profeta della Moral Majority all’epoca della presidenza Reagan, che bollano questa legge come contraria alla libertà di espressione e alla libertà di culto garantite dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

Sono in molti a vedere in questo attacco all’emendamento Johnson una sorta di contropartita riconosciuta alla destra religiosa per il sostegno decisivo dato a Trump per la sua elezione. Molte associazioni del Paese hanno manifestato la loro preoccupazione, tra le quali il gruppo “Americans United for Separation of Church and State”, il cui responsabile Barry Lynn ha dichiarato senza mezzi termini che “Il Presidente e i suoi alleati della destra religiosa cercano di fare dei luoghi di culto dei comitati di azione politica in miniatura.” Ed ha proseguito: Certi luoghi di culto si dedicheranno al sostegno dei candidati in cambio di aiuti finanziari o altro. Questo sarebbe un disastro sia per le chiese che per la politica in America.”

Se pensiamo che la congregazione retta da Jerry Falwell padre, la Thomas Road Baptist Church di Lynchburg in Virginia, ai tempi della sua massima notorietà arrivò a consolidare un bilancio di 60 milioni di dollari annui, non facciamo fatica a comprendere come l’allarme lanciato da Barry Lynn non sia da sottovalutare.