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Il linguaggio dell’arte fra le lingue dello Spirito

Ci sono vari ministeri nella chiesa. Conosciamo tutti il ministero della Parola, cioè, quello della predicazione. Poi c’è il ministero della consolazione e dell’insegnamento. Chiamerei però anche l’amministrazione e la manutenzione dei nostri locali un ministero. E sicuramente ce ne sono ancora tanti altri. Ultimamente ne ho conosciuto uno nuovo, uno sconosciuto alle nostre chiese.

Mi trovo negli Stati Uniti con il programma Effee, un programma di formazione che la Tavola valdese ha organizzato insieme alla American Waldensian Society, e ho avuto l’opportunità di visitare una mia amica a Birmingham, nel sud degli Stati Uniti. 25 anni fa avevo studiato per un anno ad Atlanta e avevo condiviso la casa con Susie. Susie non è solo pastora metodista, ormai in pensione, ma anche artista. Lei e la sua collega Doreen hanno deciso di non predicare più dal pulpito. E ciononostante continuano a predicare ogni domenica, anche se non dal pulpito e non con le parole.

Doreen e Susie decorano per ogni culto l’altare, cioè il tavolo centrale nel loro tempio, e vivono questo momento come la loro predicazione. Si incontrano durante la settimana e lavorano insieme sul testo biblico o sul tema che la pastora ha scelto per la domenica. Lo studiano, lo meditano e accettano di essere interrogate da quella Parola. Poi si fermano su uno o due punti centrali e cercano dei modi per esprimerli. Chi predica nota che il processo è lo stesso che noi usiamo per preparare la nostra predicazione. Però Susie e Doreen cambiano poi il mezzo. Cercano di tradurre il loro messaggio in colori e forme, e qualche volta sono proprio i colori e le forme ad aggiungere un nuovo significato al testo. Questo è il momento in cui entrano nello sgabuzzino della chiesa dove conservano stoffe e foulard di vari colori, luci, statuette, vasi, rami, pietre e altro e cominciano a preparare la decorazione del tavolo. Qualche volta escono dalla chiesa per raccogliere materiale dalla natura, mentre altre volte Susie tira fuori una tela per dipingere un nuovo quadro.

Le decorazioni di Doreen e Susie sono molto apprezzate. A qualcuno esse aprono un nuovo sguardo sul testo, qualcun altro si sente toccato dai colori, qualcuno vi trova semplicemente un aiuto per raccogliersi più facilmente. Si notano la cura e l’attenzione con le quali le due donne si dedicano alla decorazione del tavolo. Il culto è un momento importante e, dunque, vale la pena di non lesinare gli sforzi. Ogni tanto la decorazione suscita domande e apre un’ulteriore occasione di riflessione e di comunicazione. Ma non si tratta solo di quello. La decorazione del tavolo aiuta, non di rado, anche a costruire dei ponti in mezzo alla comunità.

La chiesa metodista di East Lake, Birmingham, era originariamente una chiesa di bianchi benestanti. Ma poi la costruzione dell’autostrada ha smembrato e distrutto il quartiere. Molti dovevano vendere le loro case, altri hanno scelto di andarsene. Il quartiere si è trasformato in quartiere prevalentemente povero e nero. La chiesa ha fatto fatica rapportarsi con i nuovi vicini e loro, d’altronde, non volevano avere niente a che fare con quella chiesa «bianca». Non ci avrebbero mai messo piede. Allora, la pastora Sally ha deciso di affittare la lavanderia dall’altro lato della strada e di far nascere lì una «chiesa satellite».

Quando l’affitto è diventato troppo caro la nuova chiesa ha deciso si traslocare nella cantina di quella vecchia e di non essere più la chiesa dell’altro lato della strada, bensì quella del piano di sotto. Le due chiese fanno ancora fatica ad avvicinarsi l’una all’altra, ma sono ormai insieme, perlomeno sotto lo stesso tetto. Doreen e Susie decorano l’altare della chiesa del piano di sotto, mentre altre due persone decorano l’altare della chiesa di sopra. Spesso le due coppie si confrontano, lavorano insieme. E ormai ha vinto la curiosità anche tra i membri delle rispettive chiese che cominciano a trovare la scusa per andare a vedere come sia stato decorato l’altare dell’altro culto e, in tal modo, cominciano a entrare in contatto con «quegli altri». La strada dell’integrazione rimane, senza dubbio, ancora difficile, ma vedere come il linguaggio dell’arte possa riuscire a costruire quei ponti che le parole non sono riuscite a edificare, mi pare, comunque, una cosa incoraggiante. E mi ritrovo a pensare che forse anche quella dell’arte possa essere una delle molteplici lingue dello Spirito.