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Dopo il Kirchentag rimane l’impegno

Nell’ampio prato delle celebrazioni lungo le sponde del fiume Elbe, qualche chilometro a sud del centro della città di Wittenberg, si è conclusa domenica 28 maggio l’edizione 2017 del Kirchentag. In piena continuità, si è dato il via alla seconda parte della Reformationssommer, l’estate dedicata ai 500 anni della Riforma protestante, cominciata proprio a Wittenberg nel 1517 da Martin Lutero.

Sotto un sole caldo in modo inaspettato per gli stessi organizzatori, il culto di chiusura del Deutscher Evangelischer Kirchentag è stato preceduto da un breve intervento di Marta Bernardini, per il progetto Mediterranean Hope, e di una rappresentante dell’organizzazione umanitaria SOS Mediterranee, le due realtà a cui quest’anno si è deciso di destinare il ricavato della colletta di fine culto. «È un segnale molto forte – spiega Marta Bernardini – , perché simbolicamente segna la vicinanza delle chiese in Germania e racconta di come le chiese qui si siano riuscite ad affezionare a un progetto che arriva da una minoranza in Italia che vive un fenomeno migratorio diverso da quello tedesco. È bella inoltre la scelta di dare metà del ricavato al progetto Mediterranean Hope e l’altra metà a SOS Mediterranee, che è una realtà che opera salvataggi in mare e con cui lavoriamo a stretto contratto a Lampedusa. È una scelta politica delle chiese in Germania e mi ha riempito di orgoglio poter essere sul palco accanto a questa organizzazione».

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Il cuore del culto di chiusura, trasmesso in diretta sulla pagina Facebook di Radio Beckwith Evangelica, è stata la predicazione dell’arcivescovo Thabo Makgoba, della Chiesa anglicana del Sudafrica, successore del premio Nobel Desmond Tutu. Tra i punti centrali, il parallelismo proposto da Makgoba tra la Germania dell’era nazista e il Sudafrica dell’apartheid, definiti luoghi che «raccontano una storia di indicibile violenza», ma che sono anche «storie di fede incrollabile. Entrambe – ha raccontato l’arcivescovo dal palco – parlano della sfida di trovare il Divino che, come dice l’inno, “sta da qualche parte nell’ombra… e lo riconoscerà dai segni delle unghie nelle sue mani”. Le nostre storie sono testimonianza del potere delle parole di Hagar, quando dice “Tu mi vedi”».

Anche per via della ricorrenza del cinquecentenario della Riforma, questa edizione del Kirchentag è stata percorsa in modo costante dal tema della trasformazione, sia di quella avvenuta, sia di quella che va messa in atto ogni giorno pensando al domani. Neppure Thabo Makgoba si è sottratto dal parlare di questo tema. «Vi esorto – ha detto nell’ultima parte della sua predicazione – a sentire il pianto degli altri e del nostro pianeta come vorrebbe Dio. La mia preghiera è che siate radicali. Che possiate dare il vostro amore al mondo, anche se riconoscete le vostre fragilità e limitazioni, anche se siete scoraggiati dall’enormità della missione di trasformare il mondo. Per favore, fate qualcosa, anche una sola cosa, in nome dell’amore, della dignità, della libertà, in nome di Cristo».

Trasformare significa anche guardare al di là dell’oggi, guardare oltre quello che sembra possibile e sognare. «In un famoso discorso – ha concluso Makgoba – Martin Luther King parlò di un sogno che aveva avuto per il suo Paese. Come King, ho un sogno per il mondo: che un giorno, presto, tutte le farneticazioni narcisiste, nazionaliste e isolazioniste del nostro tempo scompariranno. Ho il sogno che invece crescerà una coscienza globale del fatto che siamo una sola umanità. Ho il sogno che ci sederemo tutti insieme per decidere in nome del massimo interesse non di questo o di quel gruppo, ma di tutta la società. Ho il sogno che i vostri e i miei figli un giorno vivranno in Africa e in un mondo che ha abbondanza e uguaglianza nell’accesso all’educazione, alle cure sanitarie, all’acqua, all’igiene e alle opportunità economiche».

Subito dopo la fine di un rito segnato tra l’altro da una presenza di musicisti tale da offrire un colpo d’occhio impressionante, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha preso la parola per ricordare che «a Wittenberg è cominciato uno tra i più grandi cambiamenti nella storia del mondo, e questo è ancora in corso». Oltre a quello sociale, Steinmeier ha poi lodato l’impegno spirituale delle chiese. «Senza di questo la società mancherebbe di calore di umanità». Le chiese forniscono un servizio alla società, e Steinmeier ha incoraggiato cattolici e protestanti ad andare avanti con coraggio nel percorso ecumenico. Alle sue parole hanno fatto seguito quelle di Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche in Germania, che ha ribadito che «la Chiesa evangelica vuole e deve dare un forte contributo ai dibattiti sociali e anche cercare il dialogo con coloro che l’hanno rifiutato. Diventare attivi e intervenire, dove la dignità dell’uomo è minacciata e dove la natura, che è data a noi come creazione di Dio, è distrutta. Quella è la vocazione con cui viviamo da cristiani».

La presidente del Kirchentag, Christina von der Au, ha invece voluto chiudere parlando dei rifugiati e promettendo che le chiese non abbandoneranno il loro impegno nell’accoglienza. Ha criticato le parole di coloro che continuano a dire che non è possibile accogliere tutti, affermando che «non dobbiamo seguire il loro cinismo».

Il prossimo appuntamento sarà a Dortmund nel 2019, ma le sfide lanciate qui verranno portate a casa da ogni partecipante, sapendo che non potranno rimanere in un cassetto per i prossimi due anni. Tra le più grandi, quella dell’immigrazione. «Uno degli obiettivi per cui siamo venuti qui – racconta ancora Marta Bernardini – è concretizzare dei corridoi umanitari anche in Germania, quindi non solo raccontare l’esperienza ma sollecitare, muovere l’interesse della società civile e delle chiese che veramente si riesca a portare questo progetto anche in Germania con i suoi modi e con la sua normativa. Ecco, speriamo al prossimo Kirchentag di poter raccontare di esserci riusciti».