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Gli imam britannici negano i funerali ai terroristi

Con un atto definito «senza precedenti» oltre 130 fra imam e leader religiosi musulmani britannici hanno dichiarato con una lettera pubblica di rifiutarsi di offrire funerali per i tre attentatori autori del recente attacco al London Bridge.

Si tratta di un lungo documento, seguito da tutte le firme, quello pubblicato ieri sul sito ufficiale del Consiglio musulmano del Regno Unito, che raggruppa centinaia fra moschee e organizzazioni islamiche presenti su suolo britannico. Senza giri di parole i firmatari affermano di «rifiutare la tradizionale preghiera funebre per chi si è reso colpevole di azioni indifendibili, completamente in contrasto con i principi e gli insegnamenti dell’islam. Questi criminali contaminano il nome della nostra religione e del nostro profeta, inviato sulla terra per essere esempio di misericordia verso tutto il creato».

La Salat al-Janazah è la preghiera solitamente eseguita per ogni musulmano a prescindere dai propri comportamenti terreni. Nella lettera è presente l’invito a tutti gli imam del paese «a seguire l’esempio proposto e a rifiutare il privilegio di una preghiera che questi assassini non meritano». Se possibile a rendere ancora più amara la vicenda c’è il fatto che questo è il mese di ramadan «in cui i musulmani di tutto il mondo si concentrano sulla devozione, sulla preghiera, sulla carità e sulla coltivazione di un carattere mite; una violenza simile compiuta in questi giorni dimostra con ancor maggior forza quanto siano lontani questi terroristi dalla nostra fede e quanto disprezzo dimostrino per i nostri valori».

E’ un vero e proprio atto di espulsione dalla società quello redatto: «preghiamo Dio perché gli assassini siano giudicati secondo la gravità dei loro crimini. I loro atti li pongono totalmente al di fuori delle nostre comunità per le quali l’inviolabilità di ogni vita umana è un principio fondativo».

Parole forti e chiare, un segnale forte all’intera nazione, una volontà di isolare gli estremisti intaccando le loro fanatiche certezze deviate.

Esiste un precedente analogo avvenuto in Francia lo scorso anno dopo l’uccisione in chiesa a Rouen di padre Jacques Hamel. In quel caso fu il Consiglio islamico della Normandia a negare il rito funebre all’assassino, Adel Kermiche. Un’iniziativa che raccolse molti consensi fra le comunità musulmane in Europa e che è stata fatta propria anche dal Consiglio centrale dei musulmani di Germania.

Si tratta di un tentativo di smontare alcuni dei teoremi del califfato che piega i precetti coranici secondo i propri disegni di morte e di espansione territoriale. Porre ufficialmente i suoi uomini e le sue donne all’esterno delle comunità a cui fanno riferimento potrebbe essere una delle tante azioni da mettere in campo per far vacillare i fondamentalisti. I vincoli comunitari fra cittadini, fra realtà anche distanti fra loro, si dimostrano in questa maniera più forti del previsto e in grado di rispondere al male che vuole far saltare proprio questi legami fra culture e storie differenti.

Si tratta di scelte dalla portata storica proprio per il tentativo di isolamento totale nei confronti di questi soggetti, cui viene negato dalle massime autorità religiose ogni appiglio o giustificazione per i loro atti inumani. In Italia, con molti tentennamenti e distinguo teologici, la chiesa cattolica ha iniziato un percorso simile con i boss mafiosi, che della ostentazione del proprio fervore religioso hanno sempre fatto motivo di orgoglio e appartenenza. Purtroppo episodi  come quello avvenuto nel caso dei funerali di Vittorio Casamonica a Roma due anni fa dimostrano quanto le sensibilità sul tema siano ancora differenti.

Immagine: David Holt via Flickr