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La bestemmia è reato?

La Danimarca depenalizza la bestemmia. Il voto del parlamento ha sancito l’abolizione della legge che puniva il reato di blasfemia, in vigore dal 1866, ma in pratica non più utilizzata dal 1971. Il tema, certo non al centro dell’attenzione popolare, esplose con forza nel 2005, al tempo delle vignette con le diverse caricature di Maometto pubblicate dal quotidiano Jillands-Posten, che infiammarono le piazze di mezzo mondo. La causa in tribunale si risolse con l’assoluzione dei responsabili del giornale, ma l’onda lunga delle polemiche portò il dibattito anche nelle aule parlamentari. Sfociato in questi giorni in una chiara scelta laica.

E nel resto del mondo?

In Italia la blasfemia non è più reato penale dal 1999. Il riferimento era l’articolo 724 del codice penale del 1930, il “codice Rocco”, che prevedeva pene solo per insulti rivolti alla religione cattolica. Per le altre era sufficiente il turpiloquio, meno grave, e così sia. Bisognerà attendere il 1984 e la firma di revisione del Concordato fra Stato italiano e quello pontificio perché quella cattolica cessasse di venir definita religione di Stato.

Ciò portò finalmente ad una riflessione sull’uguaglianza nell’equiparazione fra le varie confessioni, ma come spesso accade in questo paese, alle parole politiche non seguirono i fatti, e come regola vuole fu necessario ancora una volta un intervento esterno, della Corte Costituzionale nel 1995, perché la condotta sanzionabile come offesa alla divinità venisse estesa ad ogni credo religioso. Giusto in tempo, perché nel 1999 la blasfemia cessa di essere reato penale nella nostra legislazione, e diventa illecito amministrativo, punibile con multa fino a 309 euro.

Le direttive dell’Onu datate 2011 e del Consiglio d’Europa nel 2013 invitano tutti i paesi a cancellare i reati di blasfemia, in quanto ostacolo alla libertà di espressione e perché spesso utilizzati a fini strumentali contro le minoranze.

Nel resto d’Europa la legislazione in materia è spesso mutata, estendendo il concetto dalla blasfemia, che non viene praticamente mai sanzionata, alle offese pubbliche offensive della sensibilità dei vari credenti, tenendo conto anche delle nuove presenze religiose dovute alle immigrazioni, e alle differenti sensibilità in materia. Quindi è l’incitamento all’odio religioso la formula che spesso ora si utilizza per allargare lo spettro dei possibili interventi. Così è per la Francia, la Germania (dove il concetto si estende ancora al disturbo della quiete pubblica), in parte la stessa Italia. Altrove è reato (nei Paesi Bassi, in Austria, in Finlandia, in Grecia ma solo per gli ortodossi).

Nei paesi anglosassoni (e negli Stati Uniti), la bestemmia invece non è un crimine.

Altrove, specie negli Stati islamici in cui viene adottata la sharia, si può arrivare alla pena capitale. Fra questi Afghanistan e Iran.

In Pakistan, che pure non adotta la sharia, di questo reato deve rispondere ad esempio Asia Bibi, tipico esempio delle strumentalizzazioni delle maggioranze nell’utilizzare queste leggi a danno delle minoranze, in questo caso cristiane.

Il tema è delicato, la libertà individuale è sacra, come quella di espressione. Queste comportano anche degli oneri, delle responsabilità. Stabilire limiti e confini è difficile. Ma necessario.

Immagine: By David Monniaux – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=568520