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Se il clima cade a pezzi

Tra il 10 e il 12 luglio 2017 alcuni ricercatori della Nasa hanno diffuso la notizia del distacco di una piattaforma di ghiaccio nella calotta polare antartica. Fin dai primi anni 2000 gli scienziati osservano il veloce scioglimento della piattaforma Larsen e, dal 2006, gli studiosi affermano che il principale responsabile è il riscaldamento globale dovuto alle attività umane degli ultimi secoli.

«Questo avvenimento ci dice qualcosa che sappiamo, cioè che il clima in generale negli ultimi decenni è diventato più caldo – dice Teresa Isenburg, docente di Geografia politica all’Università degli Studi di Milano e componente del Glam, gruppo globalizzazione e ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – soprattutto misurando la composizione chimica dell’atmosfera che vede aumentare il numero di parti per milione di anidride carbonica e altri gas climalteranti, più numerosi negli anni recenti rispetto ai secoli passati. Non è una percezione termica: ci sono numeri e dati che ci dicono che ci sono dei cambiamenti in atto».

Fin dalle prime ore dal suo insediamento, il presidente statunitense Donald Trump ha fatto discutere per le posizioni negazioniste nei confronti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, culminate, per ora, nella decisione di abbandonare l’Accordo di Parigi. Ma il presidente Usa non è l’unico negazionista e sempre più i dibattiti e le conferenze sul clima devono tenere presente queste posizioni.

Come continua il discorso sulla salvaguardia del creato con chi non tiene conto dei dati scientifici?

«Si va avanti con molta calma, cercando si separare le informazioni e i dati scientifici dalle politiche, accettando e prendendo atto che i cambiamenti esistono e che a questi bisogna adeguare le nostre politiche ambientali, territoriali e insediative; non può avvenire il contrario. Il punto nodale è dunque ricollocare in una posizione laica, dal punto di vista delle modalità, la gestione politica ambientale. Rendere meno oneroso il nostro impatto ambientale, cosa che implica un cambiamento culturale: se si pensa che ogni intervento territoriale e ambientale debba rispondere soprattutto a esigenze economiche, per lo più contingenti, è molto difficile conciliare conoscenza e scelte politiche».

E le chiese? Come si inseriscono in questo dualismo tra scienza e negazionismo?

«Il dibattito in generale ruota attorno alla domanda se il cambiamento climatico sia generato dall’azione antropica oppure no. Su questo le risposte non sono automatiche, noi possiamo cercare di prevenire un possibile rischio, in ogni caso, poiché un comportamento meno aggressivo è adeguato a non esasperare eventuali conseguenze. Come chiese, invece, dovremmo ampliare gli spazi che si dedicano a parlare, discutere e ragionare di religioni e scienza. Un grande tema che è fondamentale, al quale dobbiamo dedicare un po’ più di tempo e attenzione continuativa. Aiutare a diffondere l’attenzione scientifica per guardare il mondo che ci circonda con rispetto».

Immagine: Di NASA photographs by John Sonntag – http://earthobservatory.nasa.gov/IOTD/view.php?id=89257, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=54131239