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Morto monsignor Pichierri, chiese perdono per la strage di Barletta

«Ricordiamo con affetto il nostro fratello monsignor  Giovan Battista Pichierri per la sua accorata richiesta di perdono durante la commemorazione dei 150 anni dai fatti della strage del 1866». E’ quanto scrive Nunzio Loiudice, pastore battista della comunità di Barletta, in un messaggio dedicato all’arcivescovo cattolico di Trani-Barletta-Bisceglie Picchierri, scomparso ieri all’età di 74 anni.

La dinamica della strage è stata a suo tempo ricostruita dal professor Domenico Maselli nel volume “Tra Risveglio e Millennio: Storia delle Chiese cristiane dei fratelli 1836-1886” (ed. Claudiana) e recentemente ripresa dal pastore e storico delle chiese battiste Martin Ibarra nel suo “I battisti a Barletta”. Il contesto in cui si svolsero i fatti è quello di un’aperta ostilità, alimentata dal clero cattolico locale, nei confronti degli evangelici e della libertà che loro garantivano le leggi dello Stato liberale. «In breve – scrive Ibarra – iniziò un processo che, facendo leva sul sentimento religioso, trasformò il piccolo gruppo di evangelici nel capro espiatorio di tutte le difficoltà vissute dalla popolazione». Tra queste, una epidemia di colera e una carestia che colpirono la città tra il 1865 e il 1866 e di cui, si diceva apertamente dai pulpiti di molte parrocchie locali, la presenza degli evangelici sarebbe stata la causa. Fu così che scoppiò una sommossa popolare che le forze dell’ordine non riuscirono a sedare e che portò all’incendio del locale di culto evangelico e al linciaggio di diverse persone, tra cui cinque evangelici che vennero uccisi a bastonate più una sesta persona, cattolica, scambiata per evangelica.

In occasione di una conferenza organizzata dalla Chiesa Cristiana Evangelica Battista con il patrocinio dell’Amministrazione comunale,  il 19 marzo 2016, a 150 anni dai fatti, monsignor Pichierri pronunciò le seguenti parole: « «Carissimi fratelli e sorelle, la grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo, nel dono dello Spirito Santo, sia con tutti noi. Oggi, rinnoviamo la memoria di un fattaccio dolorosissimo, avvenuto il 19 marzo 1866: il massacro di cinque fratelli nella fede, ad opera di cristiani istigati dal “clero papista”. A 50 anni dall’eccidio, si ricordò il triste evento, che segnò la nascita della Chiesa Battista; e si collocò una lapide commemorativa con la seguente scritta: “D’agostino Ruggiero, Delcuratolo Giuseppe, Salminci Annibale, Verde Michele, vittime della sommossa popolare del 19-03-1866 selvaggiamente preparata ed organizzata dal clero papista nel cinquantesimo anno della Chiesa evangelica in Barletta dedica e consacra 19-03-1916”.
Questa lapide fu rimossa nel 1949 per ordine del Governo che la considerava offensiva e anticlericale; un’altra lapide fu collocata nel 1954 con qualche aggiunta e soppressione.
Alla distanza di 150 anni, oggi 19 marzo 2016 potremmo riscrivere una lapide del genere nel luogo della «memoria» su questo tenore: “Chiesa evangelica Battista e Chiesa Cattolica deprècano il massacro avvenuto il 19 marzo 1866; la Chiesa Cattolica chiede perdono per l’esecrando atto perpetrato dai cristiani del tempo, istigati dal clero; ci riconosciamo, in Gesù Cristo, fratelli da Lui riconciliati; e ci poniamo in cammino dietro di Lui; “Via-Verità-Vita, per essere Sua Chiesa, posta nel mondo come “luce”, “sale”, “fermento” di fraternità, di giustizia, di pace”».

Un anno dopo,  il 2 marzo di quest’anno, una prima targa a ricordo della strage è stata collocata sulla facciata esterna della chiesa battista di via Fernando D’aragona.

Ancora in quell’occasione monsignor Pichierri auspicava la posa di una seconda lapide, questa volta sul luogo della strage in via Nazareth, con indicata la precisa richiesta di perdono da parte della chiesa cattolica: «Questa seconda cerimonia non è stato possibile realizzarla oggi per varie contingenze. Ma io non metto da parte questa proposta che, mi auguro, possa presto concretizzarsi».

Il nucleo originario della Chiesa Battista di Barletta si è formato nel 1865 ad opera di Gaetano Giannini  proveniente da Firenze. Divenuto diacono si era quindi trasferito a Barletta, dove aveva dato vita alla locale comunità evangelica  la quale, in poco tempo, aveva riunito attorno a sè circa sessanta persone che si riunivano in un edificio in via Nazareth che Giannini usava anche come abitazione. La sua opera di evangelizzazione, mai intransigente, si affiancava ai progetti di alfabetizzazione rivolta alle classi meno abbienti. La sua opera era comunque mal vista oltre che dal clero locale anche da parte della popolazione.

Le tremende sofferenze causate dall’epidemia di colera fecero il resto, e presto Giannini e gli altri fedeli battisti vennero additati come causa delle tragedie in atto.

La campagna d’odio che portò a tensioni crescenti ebbe il suo culmine nel pomeriggio del 19 marzo 1866 con quello che fu un vero e proprio assalto alla casa pastorale. 5 furono dunque i fedeli battisti barbaramente uccisi. Giannini si salvò, fuggendo dai tetti e trovando rifugio nella casa del canonico Rizzo, un prete liberale suo amico.

Nelle indagini che seguirono vennero incriminate 232 persone, giusto per dare dimensione dell’allucinazione collettiva. I condannati saranno infine 36; responsabili della sommossa vennero giudicati il canonico della cattedrale don Ruggiero Postiglione e il predicatore padre Vito Maria da Rutigliano, e condannati a 18 anni ciascuno di lavori forzati.

Alla storia della strage di Barletta anche il programma di Rai Due Protestantesimo ha dedicato un servizio che potete ritrovare qui.