ottokirche

Ricostruire gli spazi per ricostruire le comunità

«Alla distruzione fisica e morale del secondo conflitto mondiale fu un programma di chiese temporanee che contribuì a garantire una nuova stabilità alla comunità protestante, a partire dalla ricerca di Otto Bartning» – spiega nel saggio pubblicato dal “Giornale di architettura” Paola Ardizzola, dottora in Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica, oltre che capo dipartimento e vice preside della School of Fine Arts and Architecture ad Antalya, in Turchia.

Otto Bartning nasce nel 1883 a Karlsruhe. Architetto e teologo con un dottorato honoris causa in teologia, ancora studente costruisce la prima chiesa e continuerà a costruire, progettare e a scrivere di architettura religiosa nell’ambito della liturgia protestante per tutta la vita. È fra i teorici della Bauhaus, scuola di architettura, arte e design di avanguardia, espressione di un ampio movimento culturale degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Membro del collettivo Der Ring, collabora con la Novembergruppe e all’Arbeitsrat für Kunst (Consiglio di lavoro per l’arte). Bartning progetta 48 Notkirchen, le cosiddette chiese di emergenza, ma il modello ha talmente successo da portare alla costruzione, successivamente, di oltre 80 chiese, anche con il coinvolgimento degli stessi fedeli, coinvolti nella ricerca dei materiali e nella scelta del luogo di edificazione.

«Bartning elaborò una soluzione estremamente innovativa che coniugava la prefabbricazione con l’intervento della comunità nell’assemblaggio dei tamponamenti con materiali di fortuna, pietre o mattoni» scrive Ardizzola, che pone l’accento sulla valenza psicologica di questo processo di ricostruzione, di precoce “architettura collettiva” e del ruolo semantico-spirituale di queste strutture dove il riuso delle macerie diventa “una liturgia per aggregare le comunità”. Le autorità tedesche alla tutela del patrimonio hanno fatto richiesta all’UNESCO affinché le Notkirchen di Bartning siano dichiarate Patrimonio dell’Umanità.

Leggi il saggio integrale di Paola Ardizzola disponibile online su “il Giornale dell’ARCHITETTURA”.