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Un impegno di fede e una responsabilità nel nostro Paese

Difficile pensare, per chi fosse capitato su Raidue alle 10,30, di essere di fronte a un’esecuzione in forma di concerto. Il coro «Note di pace» ha eseguito brani di vario stile, ma quando è risuonato We shall overcome, e la direttrice m° Angela Lorusso si è rivolta a dirigere anche l’assemblea dei presenti, ebbene, si è capito che non di un concerto si trattava, ma dell’espressione tangibile della fede cristiana: un’espressione fatta di partecipazione, di interiorizzazione della preghiera, di consapevolezza di avere un ruolo nel nostro Paese.

Questo è infatti l’assunto della giornata organizzata dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) con la Consulta delle chiese evangeliche del territorio romano, in corso a Roma, al tempio valdese di piazza Cavour. Un ruolo di responsabilità nell’Italia di oggi, per cui non è casuale aver potuto proporre ai concittadini e concittadine una parziale diretta televisiva, «coperta» in studio dai commenti e note del pastore Luca Baratto (Servizio stampa radio tv Fcei) e di Fracesca Litigio, segretaria della Federazione giovanile evangelica in Italia (Fgei).

Il programma, ricchissimo e senza pause, si era aperto con alcuni saluti e con la riflessione a cura del pastore valdese Giuseppe Platone. È stato poi letto il messaggio del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha auspicato un nuovo umanesimo civile e religioso basato sul rispetto delle persone; intanto si susseguivano i momenti musicali, dalla Fanfara dell’Esercito della Salvezza (dir. Giuseppe Maggi) al Coro metodista coreano al Coro «Note di pace». Ilaria Castaldo (Es. della Salvezza) e Silvana Ronco (metodista) hanno parlato a nome del Consiglio della Fcei.

È seguita la tavola rotonda sul tema «L’attualità della Riforma protestante nell’Italia del pluralismo religioso». Il cardinale Gianfranco Ravasi, biblista e docente di esegesi, ha inteso il proprio intervento citando la svolta del Concilio Vaticano II, e una pratica ecumenica, che ha portato (sia pure in modalità diverse tra base e ufficialità) a una capacità di interloquire in sintonia fra chiese diverse: ponendo al centro la Bibbia e le grandi figure del credere: Dio, Gesù Cristo. Certo sulla dimensione etico-antropologica, registriamo concezioni visioni diverse, legate non solo slle «differenze» fra chiese, ma anche alla fluidità e complessità di uno sfondo culturale in continuo mutamento. Se il rapporto fra le chiese è come un corso d’acqua, l’estuario rappresentato dall’escatologia ci obbliga a porci la domanda: come sarà il futuro? Non siamo noi a poterlo dire oggi

Hanz Gutierrez (Facoltà avventista di Teologia), prendendo atto che il protestantesimo in molte aree è in calo, e dove mantiene i propri numeri vede innalzarsi l’età dei membri di chiesa, e ponendo la Bibbia come faro di ogni riflessione, ha invitato a guardare alla complessità dell’ambiente culturale e sociale che ci circonda. Se come protestanti abbiamo a lungo assorbito l’esperienza della razionalità e razionalizzato l’esperienza religiosa, così facendo abbiamo prodotto disincanto. Un monito al quale si è aggiunta, come riflessione, la prospettiva del filosofo Jürgen Habermas, riportata da Gian Enrico Rusconi, politologo e studioso della Germania e sue interazioni con l’Italia. Con Habermas si vede lo sforzo da parte del pensatore laico e agnostico di capire l’approccio religioso, senza scadere nell’atteggiamento di qualche italiano «laico pentito», che non crede ma sposa posizioni che sono tipiche delle religioni. Perciò si dovrebbe usare cautela nel parlare di ritorno del religioso e men che meno di «ritorno di Dio» nella nostra società: in realtà è in atto una profonda metamorfosi delle dottrine religiose. Così Habermas si augura un approccio cognitivo comune tra scienze e religione.

Se questo è il quadro di riferimento, l’intervento di Daniele Garrone, professore di Antico testamento alla Facoltà valdese di Teologia, ha indicato tre snodi attorno ai quali rispondere alla domanda della tavola rotonda. I protestanti in Italia sono figli del XIX secolo e del Risveglio: a parte l’eccezione valdese in Piemonte, quel che vi era stato nel XVI secolo di Riforma, era stato cancellato senza complimenti; i protestanti sono poi pur sempre una piccola minoranza (e poco giova sapere che anche le parrocchie cattoliche perdono fedeli), a cui tuttavia conviene non adagiarsi nello scavo della propria identità quanto piuttosto misurarsi con la complessità di cui diceva anche Gutierrez. Sulla pubblica piazza, come hanno insegnato le culture maggiormente segnate dal protestantesimo. Che cosa è, allora, essenziale per la causa dell’Evangelo qui e oggi? La religione – ha concluso Garrone – non è il cammino virtuoso o intelligente o libero verso Dio, ma è semplicemente un incontro impossibile; significa pensare che se c’è un Dio, egli si occupa di partner inaffidabili come noi siamo; significa un pensiero che ragiona in termini di gratuità e paradosso – da qui l’importanza del racconto.

Un racconto, anche quello della presenza protestante italiana, che 500 anni dopo Lutero, non è ancora chiuso.