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Il compimento di una promessa

Il Signore si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il Signore vi ama
Deuteronomio 7, 7-8

Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio
I Corinzi 1, 28-29

 

La Bibbia è una raccolta di testi scritti, e per tutti i testi scritti occorre farne una lettura corretta. La prima regola dell’interpretazione è di non fermarsi al semplice argomento, ma di chiarirne il «genere letterario». Per esempio, nelle favole di Fedro e di Esopo, incontriamo animali che parlano: se ci fermassimo a questa indicazione ci troveremo nel campo della zoologia, ma così non capiremo nulla. Gli animali non parlano, quindi si passa ad altra lettura. Ma né Fedro, né Esopo volevano fare una lezione sulla capacità di parola o sulla saggezza degli animali.

Lo stesso problema si presenta con il testo biblico indicato: se ci fermassimo alla scienza storica, non capiremo nulla e ci rivolgeremmo correttamente ai manuali di storia antica. Ma la Bibbia non è un manuale di storia, né di altra scienza, ma una confessione di fede in Dio. E in questa linea il testo ci dice due cose fondamentali. La prima: qui c’è una lettura di fede della situazione storica. Tutte le realizzazioni storiche di Israele hanno origine in Dio, non nella propria capacità o potenza. Per la fede che confessiamo è Dio stesso che guida e porta a compimento la storia.

La seconda: non ci troviamo in presenza di avvenimenti estemporanei, determinati dal momento e dall’occasione propizia, ma del compimento di una promessa a lungo termine. Si tratta di una parola che Dio ha rivolto ai nostri padri nella fede. Si sta parlando allora della fedeltà di Dio, che ha radici molto antiche, e che anche quando questa prospettiva sembra oscurarsi, rimane sempre ben presente e ben salda: una nuova parola ci raggiunge e ce lo ricorda. Qui c’è in gioco da una parte la fedeltà di Dio ad una sua promessa, e nello stesso tempo la fedeltà dei credenti a quella parola antica e sempre nuova. Il tempo di Dio, la sua cronologia, non corrisponde e non si calcola in base al nostro orologio, ma si esercita con la costanza dei credenti.