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Cile, al via i lavori per sostituire la Costituzione voluta da Pinochet

La popolazione cilena è entrata in una nuova fase nel processo di scrittura della nuova Costituzione. Domenica 4 luglio, i 155 membri della Convenzione Costituzionale, composti equamente tra donne e uomini, si sono riuniti per la loro prima sessione plenaria al Congresso Nazionale di Santiago.

Il momento è stato solenne. Alle 10 si è tenuta una cerimonia di inaugurazione in questo luogo simbolico che ospitò le due Camere parlamentari dal 1876 fino al colpo di Stato del generale Augusto Pinochet del 1973.

Gli eletti avranno dunque nove mesi, rinnovabili di ulteriori tre mesi, per redigere il nuovo testo istitutivo e voltare così definitivamente pagina della Costituzione del 1980 ancora in vigore, adottata sotto la dittatura di Pinochet (1973-1990).

La nuova “Magna Charta” sarà poi sottoposta a referendum e infine dovrà essere ratificato dal presidente cileno che, lui stesso, sarà eletto durante il periodo di stesura del testo, a novembre 2021 .

È in un clima politico molto movimentato che è stata lanciata la prima sessione dell’Assemblea Costituente dall’attuale presidente, Sebastian Piñera, miliardario che ha visto la sua popolarità scendere sotto il 10%, soprattutto a causa di una gestione inefficace e molto autoritario del Covid-19.

Il tracollo elettorale che la sua coalizione di destra Chile Vamos ha vissuto nelle ultime elezioni del 15 e 16 maggio 2021, quando i cileni hanno eletto sindaci, consiglieri comunali, consiglieri regionali ed elettori, ha confermato una storica svolta politica. Con grande sorpresa di tutti, i grandi vincitori sono stati i candidati indipendenti – che fino a quel momento non avevano mai ricoperto una carica politica – e i partiti di sinistra.

L’Assemblea Costituente è quindi dominata da forze favorevoli al cambiamento profondo, compresi gli indipendenti (31%). Tra loro ci sono intellettuali, come il professore di diritto Agustín Squella o il giornalista Patricio Fernandez, fondatore della rivista satirica The Clinic nel 1998, quando Augusto Pinochet era detenuto in una clinica di Londra.

Al loro fianco siederanno due coalizioni di centrosinistra (16%) e di sinistra, attorno al Partito Comunista (18%), e i 17 rappresentanti eletti indigeni in rappresentanza di dieci etnie in Cile, ai cui seggi erano riservati. La destra non supera il 24% degli eletti, lontana dall’auspicata minoranza di blocco del 33%, minimo indispensabile per bloccare eventuali votazioni che in questo caso richiederanno sempre una maggioranza di almeno due terzi degli eletti.

Sono stati però questi stessi partiti politici puniti nelle ultime elezioni che hanno firmato, il 15 novembre 2019, l’Accordo per la Pace e per una nuova Costituzione, per contenere il movimento popolare sorto quasi un mese prima, il 18 ottobre, contro il sistema neoliberista instaurato dopo la dittatura.

Una delle grandi novità di domenica 4 luglio si è registrata quando una donna in abito tradizionale Mapuche ha parlato alla sessione inaugurale dell’Assemblea Costituente a Santiago e ne è stata eletta presidente. Sventolando la bandiera del suo popolo, Elisa Loncon, 58 anni, ha prima salutato, in spagnolo e Mapudungun, sua lingua madre, il popolo del Cile, da Atacama alla Patagonia.

Prima di lanciare, di fronte agli applausi della maggioranza dei membri dell’assemblea queste parole: «Questa Costituente trasformerà il Cile in un Cile plurinazionale, interculturale, che protegge la Madre Terra!».

In un Paese dove le popolazioni indigene sono state a lungo disprezzate, dove le lingue indigene sono emarginate, queste immagini trasmesse dalla televisione cilena hanno subito assunto una dimensione storica. Nell’ottobre 2019, mentre il Cile è sceso in piazza a frotte per denunciare il sistema sociale ed economico ereditato dalla dittatura e poco modificato dal ritorno alla democrazia, la bandiera Mapuche, la principale etnia indigena, ha accompagnato i manifestanti in segno di protesta. Ora è sulla tribuna dell’assemblea eletta per riflettere sul futuro della nazione sudamericana.

La scelta di Elisa Loncon di presiedere questa assemblea la dice lunga sulla volontà della maggioranza dei suoi membri di trasformare in profondità il Paese. Questa rinomata linguista dell’Università di Santiago del Cile, che occupa uno dei 17 seggi riservati ai popoli nativi, ha ottenuto 96 voti su 155 nell’assemblea al secondo turno del ballottaggio. Ha ricevuto il sostegno di rappresentanti eletti indigeni (17), una maggioranza di indipendenti (48), la coalizione di sinistra Apruebo Dignidad, unita attorno al Partito Comunista (28), nonché rappresentanti della lista di centrosinistra (25).

Il suo primo atto è stato quello di chiedere un minuto di silenzio all’Assemblea in memoria dei morti di questi ultimi 500 anni, dall’arrivo dei conquistadores in America.

Ma passata l’ora dei simboli, per Elisa Loncon e le sue colleghe inizia ora la parte più difficile. Questa assemblea ha nove mesi davanti a sé, più forse altri tre mesi, per redigere una nuova Costituzione. Un tempo brevissimo, tanto più che le procedure devono ancora essere definite. L’unica certezza è che gli accordi devono essere presi a maggioranza dei due terzi.