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Mediterraneo, ecatombe di bambini

Negli ultimi giorni le navi umanitarie nel Mar Mediterraneo hanno salvato quasi 300 migranti. Lunedì 12 settembre tre navi erano in attesa del permesso di portare in salvo i migranti, alcuni dei quali feriti.

L’equipaggio della Sea-Watch 3 ha salvato 127 persone in diverse operazioni durante il fine settimana. I migranti salvati si sono aggiunti ai 267 già presenti a bordo della nave, così che ieri (12 settembre) un totale di 394 persone era in attesa di essere assegnato a un porto sicuro a Malta o in Italia. Venticinque persone sono state recuperate da un gommone in acque internazionali al largo della Libia, portando a 208 il numero totale di persone a bordo.

SOS Humanity ha dichiarato che molte delle persone a bordo hanno subito violenze. «Secondo i sopravvissuti, le ferite sono per lo più dovute ai maltrattamenti subiti in Libia».

Anche la Sea-Eye 4 era in attesa di ricevere un porto di sicurezza lunedì, dopo aver salvato 129 persone da imbarcazioni in difficoltà.

L’organizzazione Sea-Eye, con sede a Regensburg in Germania, ha denunciato di aver cercato per giorni un’imbarcazione dispersa al largo di Malta, ma di non aver ricevuto alcun aiuto da Malta o dall’Italia. «Quindi dobbiamo presumere che l’intenzione sia quella di lasciare che le persone muoiano in mare», ha twittato Sea-Eye.

Malta ha sistematicamente rifiutato le richieste di un porto di sicurezza da parte delle organizzazioni private di salvataggio nel Mediterraneo dal 2020, quando ha chiuso i suoi porti a causa dei rischi posti dalla pandemia da COVID-19.

Più di 62.800 persone sono arrivate sulle coste italiane quest’anno, rispetto ai circa 41.000 dello stesso periodo dell’anno scorso, secondo i dati del Ministero degli Interni.

Il numero di persone morte o disperse nel Mediterraneo centrale quest’anno è superiore a 1.000, secondo l’Oim, l’agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni.

Il bilancio delle vittime di un naufragio avvenuto la scorsa settimana al largo di Chebba è salito a 11, per lo più tunisini. Altri 12 sono ancora dispersi.

Quattordici migranti che erano a bordo dell’imbarcazione sovraffollata sono stati salvati quando è affondata al largo di Chebba il 6 settembre.

Partiti dalla Turchia, in viaggio da 15 giorni, disidratati e allo stremo delle forze,  come racconta l’agenzia Agi, 26 migranti giunti nella città portuale siciliana hanno avuto solo la forza di raccontare che sei di loro non ce l’hanno fatta e tra questi un neonato e un bambino di due anni.

I sei, di origine siriana, sono morti «di fame e di sete», ha affermato l’Unhcr, ancora nella bufera per le frasi con cui Vincent Cochetel, inviato dell’Alto commissariato per il Mediterraneo centrale aveva auspicato l’incriminazione “simbolica” delle madri che spingono i figli a intraprendere «viaggi pericolosi» nel Mediterraneo alla volta dell’Europa.

È un’ecatombe di bambini: la settimana scorsa un’altra bambina di quattro anni era stata evacuata da una imbarcazione, ma era spirata prima di giungere in ospedale. E ancora un migrante che ha chiesto soccorso dalla sar di Malta ha raccontato che la propria figlia di tre mesi è «morta di sete».

 

Foto: Alessandro Penso/Unhcr