Secondo Distretto. Provvisorie ma eredi di una lunga storia di fede

Le chiese si interrogano sulla sostenibilità in occasione del Forum che si è tenuto a Milano sabato 20 aprile

 

La nostra è una chiesa sostenibile? Quando parliamo della chiesa (intendendo in questo caso il complesso delle chiese metodiste e valdesi), della “nostra” chiesa, che cosa intendiamo chiedendoci se sia sostenibile? Ha cercato di rispondere il Forum del II Distretto, in un modo che è risultato molto aderente al tema, sia per le scelte organizzative sia per cause di… forza maggiore.

 

È stata molto efficace la scelta operata dalla Commissione esecutiva distrettuale (Ced) di discutere nella mattinata i cinque sottotemi previsti (sostenibilità delle strutture della “macchina-chiesa”, certamente; ma anche sostenibilità spirituale, finanziaria, ambientale; importantissima la sostenibilità come capacità o meno di trasmettere alle generazioni via via nascenti la stessa militanza delle precedenti). Si è lavorato inizialmente in gruppi “itineranti”: ognuno dei 5 gruppi, spostandosi come studenti da un’aula all’altra, ha affrontato tutti i sottotemi, con la conduzione di due persone, di cui una era membro della Ced, che poi hanno riportato in plenaria le “parole chiave” scaturite dalla discussione.

 

Ma poi c’è stata un’altra circostanza, forse vista come parziale impedimento, peraltro, non troppo gravoso: la fase di lavori al tempio di via Sforza, con una provvisoria controsoffittatura e dei pannelli alle finestre che, in presenza di un bel sole, hanno reso la luce più “diffusa” e meno tagliente. Insomma, una logistica che mostrava il carattere “transitorio” e non definitivo di tutte le nostre possibili scelte e strategie: siccome i lavori del Forum si sono svolti proficuamente, abbiamo avuto la conferma che niente è definitivo (se non la parola del Signore – Isaia 40, 8), ma che le avversità non devono necessariamente farci scoraggiare.

 

Dunque, le parole chiave: tante, come era lecito prevedere. Meno prevedibile, forse, il carattere itinerante anche di alcune di esse: quando notiamo la necessità di un richiamo alla “realtà”, a un’opera realistica, viene da pensare subito che si stia parlando di bilanci e finanze. Ma ne abbiamo parlato anche ragionando sulle strutture (pensate in altre epoche, a volte mostrano forse dei limiti: realtà significa discernere se svolgano ancora al meglio il loro compito, ed eventualmente correggere); e questo, oltre a essere un necessario richiamo al realismo e alla praticabilità delle scelte, è servito anche a far capire che le “finanze” non sono né un capitolo noioso, appannaggio dei “tecnici”, né una forma di terrorismo (guai se non contribuisci), bensì un elemento che si intreccia con la nostra vita spirituale. È necessario che del “vil denaro” si parli dal pulpito più di quanto avviene ora.

 

Altre parole chiave: per esempio, intergenerazionalità (uno sforzo per capire le emozioni altrui, o almeno ravvisare il fatto che esistono, magari espresse in linguaggi che ci sono, sulle prime, poco chiari); allora, ancora, i ritmi tranquilli, l’esigenza di tempi meno frenetici; alla voce della sostenibilità spirituale ascriverei come fondamentale l’indicazione per un “sentirsi a casa” che ognuno e ognuna deve poter avvertire quando partecipa a culti e altre attività.

 

La parte in plenaria ha previsto due momenti: da tre interventi che hanno ragionato sulla chiesa come la si vorrebbe per il futuro sono scaturite le esigenze di coinvolgimento maggiore dei giovani, soprattutto tramite iniziative concrete (anche ludiche o turistiche, anche le gite, ma finalizzate alla conoscenza anche fra chiese più o meno vicine, e in grado di mettere in circolazione le sensibilità giovanili); .altra esigenza: una nuova centralità da riservare all’evangelizzazione, da rilanciare accanto alle molte attività che le città e gli ambienti culturali ci richiedono; e ancora: pensare delle nuove categorie per registrare l’adesione delle persone (persone prevalentemente adulte, quasi mai famiglie, nelle grandi città) che arrivano alle nostre comunità.

 

Ultimo momento, quello degli interventi “liberi”, che con la supervisione del pastore A. Köhn hanno costituito non una sintesi ma una prefigurazione dei temi sui quali continuare a interrogarsi (il Forum, va ricordato, non è decisionale, viene lanciato dalla Conferenza distrettuale dell’anno precedente, e se ne riferisce in quella successiva). Allora, per esempio: nessun feticcio strutturale deve bloccare la creatività di fronte agli scenari che cambiano intorno a noi e che richiedono nuove attenzioni. Quanto ai temi di cui occuparsi, ci sono suggeriti, a volte drammaticamente, dall’attualità (valga l’esempio del “lavoro che non c’è”). Ma una questione su tutte ha fatto sentire il suo peso: il nostro rapporto con la storia, particolarmente sensibile nell’anno di “Valdo 850”. «Noi siamo frutto della predicazione di chi ci ha preceduto – è stato detto in un intervento –. La storia è la nostra teologia». Teniamocela stretta, perché poi è la teologia che deve dare un orientamento a tutti gli interventi che la società ci richiede – e che si fanno anche con dedizione e profitto. È d’altra parte, sostenibilità è tornare all’essenziale, cioè alla resurrezione di Cristo, come detto dalla pastora S. Langeneck nella meditazione di apertura.