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“Donne e uomini, stessi diritti nelle chiese”

Il Centro culturale protestante di Milano dà il proprio contributo, giovedì 25 settembre, alla prima edizione de Il tempo delle donne: storie, idee, azioni per partecipare al cambiamento: un progetto del Corriere della sera nato un anno fa come inchiesta sulle donne e delle donne in diversi campi (giornalismo, scienza, tecnologie, politica, cucina, arti, letteratura, lavoro, sessualità…) per raccontare la vita delle donne di oggi, ma soprattutto come vorrebbero cambiarla. Oltre cento eventi a ingresso libero fra spettacoli, dibattiti, laboratori, mostre, si terranno quindi nelle tre intense giornate (dalle dieci a mezzanotte) da venerdì 26 a domenica 28 settembre negli spazi della Triennale e del Teatro dell’Arte.

L’iniziativa organizzata dal Centro culturale protestante di via Francesco Sforza amplia nello spazio e nel tempo questa manifestazione: il giorno precedente l’apertura, infatti, alle 18, si tiene la conversazione Donne e uomini, stessi diritti nelle chiese: la voce e l’esperienza delle pastore protestanti. Portano la loro esperienza le pastore Eliana Briante (chiesa metodista di Milano), Dorothee Mack (chiesa valdese di Milano) e Lidia Maggi (chiesa battista di Varese), e Rosanna Tommasi, della comunità ecclesiale cattolica di S. Angelo, che farà il punto sulla situazione nel mondo cattolico in merito alla questione.

Per secoli le chiese cristiane hanno addotto motivazioni bibliche, teologiche e culturali contro il pastorato femminile. In realtà, le donne hanno sempre cercato (e trovato) modi alternativi per rispondere alla loro vocazione, diventando portatrici di rinnovamento, sostenendo le attività delle chiese, promuovendo riforme sociali, diventando missionarie…

La svolta rappresentata dall’apertura del ministero pastorale alle donne nelle chiese protestanti ha posto numerosi interrogativi, tanto che, dice la pastora Briante, il pastorato femminile «può essere vissuto come un arricchimento o come una ferita a seconda dei contesti in cui ci si trova ad operare». Ancora oggi, infatti, una pastora deve affrontare vari atteggiamenti e retaggi culturali “problematici”, non soltanto nel pubblico non protestante, ma all’interno delle chiese stesse. «Capita ad esempio che una persona anziana, al termine di una visita, mi ringrazi e dica sarebbe bello se venisse una volta anche il pastore… C’è chi sottolinea l’empatia, la capacità di ascoltare, per altri però la cura della famiglia e dei figli è un impedimento al pieno servizio… anche se non mi sembra che le donne lavorino meno degli uomini…», commenta la pastora Mack.

Il tema dei diritti assume quindi un significato particolare: non si tratta soltanto di sancire a livello teorico una parità (di trattamento giuridico, economico, umano), ma di tradurre tali diritti nella pratica quotidiana, nella mentalità. Osserva ancora Mack: «Se in una chiesa locale ci sono due posti pastorali entrambi occupati da donne, appare anomalo: non accade lo stesso se ci sono due uomini… In Germania un professore di teologia ha persino cominciato a parlare di una pericolosa femminizzazione del pastorato, perché il 30% dei pastori sono donne e nelle Facoltà di teologia ormai è stato superato il 50%…».

Ricordando la propria esperienza in Baviera, Briante ricorda: «Mi sono accorta che anche lì non è tutto facile. Ero molto spesso “solo” la moglie del pastore. All’interno delle nostre chiese ho l’impressione che tutto sommato la situazione sia meno complessa perché la decisione sul pastorato femminile è stata discussa in Sinodo e nelle comunità e non calata dall’alto come in quella bavarese…».

Una discussione che evidentemente non è ancora conclusa…