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Non chiamatela Estate Ragazzi

«Il nostro punto di forza sono stati gli animatori. Abbiamo investito molto sul personale e abbiamo formato espressamente gli operatori per la professione dell’educatore». Alessia Colombari, dipendente Csd – Commissione sinodale per la diaconia, risponde così alla prima domanda su quale sia stato il punto di forza del servizio di ospitalità estiva e attività dei bambini e delle bambine della val Chisone, val Pellice e Pinerolo. Meag, acronimo di «Mamma esco a giocare», è stato il titolo scelto per questa attività dai multiformi aspetti rivolti alle famiglie e soprattutto ai bambini durante il periodo estivo.

Da quanti anni esiste Meag?

«Questo è stato il quarto anno. Era partito in piccolo con una trentina di bambini che frequentavano i centri estivi a Villar Perosa e Pinerolo. Due anni fa è nata anche la sede della val Pellice che si è tenuta nella palestra del Collegio di Torre Pellice, mentre quest’anno ci siamo spostati nel bel parco e struttura di Villa Olanda a Luserna San Giovanni, di proprietà della Tavola valdese. A Pinerolo originariamente la sede era il tempio valdese, e continua ad esserlo ancora oggi solo nel mese di settembre, mentre in val Chisone invece da due anni è attiva la sede di San Germano».

Che cosa differenzia Maeg da un Estate Ragazzi tradizionale come quella comunale o parrocchiale?

«Il nostro punto di forza sono gli animatori, lo staff. Una quarantina di persone si sono rapportate con i bambini. E tutti hanno partecipato a una formazione di cinque giornate con ognuna un punto focale: la relazione educativa, le tappe dello sviluppo, la creatività, nella quale abbiamo cercato di far passare un’etica, un modo di accogliere i bambini. Questi spazi per le famiglie sono importanti perché molti bambini passano 6, 8, addirittura 12 settimane con noi. Quindi diventa uno spazio dove è importante ciò che accade e la differenza è renderlo un luogo educativo. Questo non vuol dire che non si giochi, anzi, si gioca molto, ci si diverte, ci sono momenti liberi ma il tutto sta all’interno di una griglia educativa. Abbiamo avuto una ventina di animatori, pagati con un regolare contratto di lavoro, che sono stati supportati da altrettanti volontari dell’Associazione evangelica di volontariato, maggiorenni e regolamentati, che anche loro hanno partecipato alla formazione».

Un’altra peculiarità è la lunga durata dell’offerta di «Mamma esco a giocare». Quante sono state le presenze nelle tre sedi?

«Le attività sono partite a metà giugno e si sono concluse il 12 settembre, il venerdì precedente l’inizio delle scuole, con un’unica interruzione la settimana di ferragosto. Non tutte le sedi sono state attive in tutte le settimane ma in queste 12 settimane c’è stato rispetto all’anno scorso un incremento delle presenze di più del 20%. A luglio abbiamo avuto dei picchi di 60 grandi e 95-100 piccoli a Pinerolo, 50 piccoli a Luserna San Giovanni e 45 a San Germano. Quindi ci sono state settimane e giorni in cui avevamo in contemporanea circa 250 bambini. La presenza media generale invece è stata di 160 bambini a settimana sulle tre sedi, 40 grandi e 65 piccoli a Pinerolo, una trentina a Luserna e una trentina a San Germano».

Quali sono state le attività proposte?

«Tutte le sedi avevano come riferimento un programma settimanale conosciuto anche dalle famiglie. Il gioco cooperativo è per noi fondamentale, quindi usiamo il gruppo per far dei giochi divertenti ma anche per far capire che il gruppo stesso può essere la soluzione; allo stesso tempo preservando le individualità di ognuno, le specificità quindi lo sviluppo della creatività, laboratori manuali oltre a momenti ludici tipo giochi d’acqua o il grande gioco ogni settimana. Un giorno alla settimana era dedicato all’uscita. A Pinerolo e San Germano avevamo a disposizione gli scuolabus del comune e questo ci permetteva di raggiungere tappe più lontane. A Luserna invece non potendo prenotare gli autobus di linea abbiamo trovato mete ugualmente interessanti ma più a portata di mano e raggiungibili a piedi: il museo del gioco di Luserna san Giovanni, gli allevamenti ittici nel Pellice. Inoltre abbiamo visitato tutte le strutture per anziani e disabili della diaconia valdese presenti nel territorio, Asilo valdese di San Germano, Casa delle Diaconesse di Torre Pellice, Uliveto di Luserna San Giovanni».

Quant’era il costo per le famiglie?

«Il servizio è molto flessibile per andare incontro alle esigenze delle famiglie. L’offerta è su 12 settimane ma il modulo è settimanale, quindi si sceglie quante settimane fare. Il costo è stato di 65 euro a settimana per il tempo pieno e di 50 per il mezzo tempo ma c’erano agevolazioni. Presentando l’Isee si poteva arrivare a pagare 50 euro per il tempo pieno e 40 per il mezzo tempo. Abbiamo aperto le iscrizioni a maggio e poi non le abbiamo mai chiuse: questa possibilità di correggere in itinere la propria scelta, questa flessibilità, è molto apprezzata dai genitori».

Quindi come traccia il bilancio finale di quest’anno?

«Il risultato è molto positivo sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista qualitativo. Lo staff molto qualificato sta diventando un punto di riferimento per l’organizzazione e anche per le famiglie. Abbiamo distribuito dei questionari di gradimento alle famiglie che stanno mostrando dei dati molto positivi che comunque ci servono per migliorare. Un altro elemento fondamentale che ogni anno stiamo sviluppando è il servizio di assistenza personale ai bambini con disabilità. Bambini con diversi gradi di disabilità, grave o meno grave, fisica o di ritardo dello sviluppo. Quest’anno abbiamo inserito una ventina di bambini che hanno avuto un operatore specifico di sostegno pagato con un progetto Otto per mille della Chiesa valdese. Anche perché l’integrazione è un punto fondamentale a cui abbiamo dedicato una giornata intera di formazione dei volontari e degli operatori».

Immagine copertina via Diaconiavaldese.org