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Accadde oggi, 27 ottobre

Siamo nella prima parte del sedicesimo secolo, agli albori della Riforma. Michele Serveto è un medico e teologo spagnolo. Cattolico, accompagna Carlo V a Bologna, dove il regnante sarà nominato imperatore da papa Clemente VII. Disgustato dallo sfarzo del clero si avvicina alle teorie riformate che iniziano a prendere piede in Europa. Ma il centro di tutto il suo pensiero è la concezione antitrinitaria della religione: ciò lo pone inevitabilmente in contrapposizione con il mondo cristiano, molto attento a difendere tale dogma dalle derive dell’arianesimo. Serveto, inviso al mondo cattolico che lo condanna al rogo a Vienne in Francia, in fuga continua di città in città, inizia una corrispondenza epistolare con Giovanni Calvino, ma nemmeno da lui potrà trovare una sponda per difendere le proprie tesi. Anzi Calvino lo denuncia alle autorità giuridiche ginevrine che lo fanno arrestare. Queste si consultano anche con i pastori delle chiese riformate di altre città svizzere che ne confermano la condanna. Contro di lui si schierano anche teologi che con Calvino stanno avendo profondi dissidi, come Martin Lutero; la condanna è insomma unanime, e la pena scritta: al rogo. Il 27 ottobre, dopo un ultimo tentativo da parte del pastore di Neuchatel Guillaume Farel di farlo abiurare, viene arso vivo in pubblica piazza. Sono immediate le critiche da parte di vari teologi e pastori fra cui Sebastian Castellion sull’utilizzo della condanna capitale anche nella Svizzera riformata. La decisione è dei giudici cittadini, a loro spetta amministrare la giustizia, ma il peso spirituale di Calvino ha avuto un ruolo decisivo?

Questione che ancora oggi è oggetto di dibattito come è buona pratica nel mondo protestante, capace di discutere e ragionare anche su temi divisivi.

*Articolo modificato alle 13:46 del 27 ottobre