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Nessuno è Erri De Luca

Fino a ieri tutti erano Charlie. I profili su Facebook, gli hashtag su Twitter, le foto su Instagram e Pinterest: i social network al completo erano lì per dirci che tutti erano Charlie. Sapevamo che non era così. Molti ipocritamente si sono accodati alla massa, senza essere assolutamente sostenitori della libertà d’espressione.

E infatti, oggi nessuno è Erri De Luca. Lo scrittore è sotto processo per “istigazione a delinquere”, per avere detto di approvare le azioni di sabotaggio dei cantieri del TAV in Val di Susa. Rischia cinque anni. Per delle frasi. Uno scrittore. Cinque anni.

Eppure sui social non ne parla (quasi) nessuno. Nessuno è Erri De Luca.

Queste le frasi incriminate: «La Tav va sabotata», «Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti», «[I sabotaggi] sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”, «Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa».

Si può essere favorevoli o meno al Tav — c’è bisogno di dirlo? — si può dissentire o meno con quanto affermato dallo scrittore napoletano, si può anche provare simpatia o antipatia, si può pensare che si tratti di un cretino e incosciente, si può anche decidere di non comprare più i suoi libri. Ma non si può accettare che l’espressione di un’opinione su una “cosa” comporti lo spreco di denaro pubblico per questo procedimento giudiziario. Non si può accettare di vivere in una società che non è in grado di convivere con un’opinione, al punto da considerare pericoloso chi la ha espressa e da volerlo rinchiudere in una gabbia.

Nessuno è Erri De Luca. Neanche quelli che su Facebook erano Charlie.

 

Foto: Erri De Luca, di Pippiair, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons