Accadde oggi, 10 febbraio

In Italia è il Giorno del Ricordo degli eccidi delle Foibe e dell’esodo Fiumano

 

Oggi, 10 febbraio, in Italia è il Giorno del Ricordo. Questa espressione generica e infelice, che odora di retorica del ventennio, indica una data ed una serie di avvenimenti precisi e drammatici: la data è il 10 febbraio 1947, giorno della entrata in vigore dei trattati di Parigi, stilati dalle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, e gli avvenimenti sono legati al ricordo di tutte le vittime delle Foibe, le cave di origine carsica in cui vennero gettate migliaia di essere umani.

 

Con gli accordi parigini le province di Pola, Fiume e Zara, parte delle zone di Gorizia e Trieste passarono alla Jugoslavia. In questa data la storia cambia di nuovo corso e a pagare questi stravolgimenti sulla propria pelle come sempre sono le popolazioni civili, vittime degli arbitrii da tavolino dei politicanti di turno. Ancor di più se queste popolazioni hanno la sventura di nascere in terre di confine, laddove i confini sono sempre stati un’imposizione, non una condizione o una necessità.

 

Quando si imbraccia un fucile si decide di uscire dal territorio del dialogo e di entrare in quello aberrante del “vinca il più forte”, per cui non è semplice fornire una ricostruzione oggettiva della vicenda, non condizionata dalle ferite ancora aperte e dalle diverse sensibilità sulla vicenda.

 

Di vero c’è il dramma di queste terre contese prima fra turchi e austriaci e poi fra questi ultimi e l’Italia. Dalla nascita del nostro Stato nel 1861 i confini dalmato-giuliani cambiano continuamente, spostandosi più a est o ad ovest in base alle vittorie sul campo e a quelle ai tavoli delle trattative. Indubbio che gli anni del primo conflitto mondiale con le sue interminabili battaglie sul Carso, e il successivo ventennio fascista abbiano creato forti contrasti fra le popolazioni.

 

Il fascismo punterà all’italianizzazione dell’intera area tentando di annullare l’autonomia culturale e linguistica slava di quelle terre. Con l’arrivo della seconda guerra mondiale e l’invasione delle milizie del Duce in Jugoslavia, i contrasti e le violenze crescono ancora di più (il 12 luglio 1942 a Podhum i reparti militari, in risposta ad attacchi da parte dei partigiani jugoslavi, uccidono tutti gli uomini di età compresa fra i 16 e i 64 anni; le vittime di questo eccidio sono 91: un esempio fra tanti della cieca violenza delle nostre truppe).

 

Dopo l’8 settembre, come dicevamo al principio, la storia cambia corso: i vincitori diventano i vinti, gli inseguiti diventano gli inseguitori. Gorizia, Trieste, diventano terra di conquista per l’armata popolare del maresciallo Tito. Le foibe vengono probabilmente utilizzate per prime dagli italiani, ma non siamo qui a stilare classifiche per un così macabro primato. A caderci saranno soprattutto italiani, prima fascisti e amministratori delle città slovene e croate occupate, e poi in maniera assai più copiosa da semplici cittadini italiani nati in quelle città o lì immigrati sull’onda della propaganda. Difficile accertare il numero delle vittime di questa barbarie che durò alcuni anni, fino alla pacificazione dell’area: probabilmente riguardò da cinque a diecimila persone.

 

Al di là dei dibattiti ancora accesi, il Giorno del Ricordo ha valenza in primis per render se possibile noto ancora una volta di più l’assurdità di confini tracciati sulla carta e sulla pelle degli esseri umani.

 

 

Foto “Jazovka4” by ModzzakOwn work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.