Accadde oggi, 11 febbraio

Muore oggi, l’11 febbraio 1907, William Russell, irlandese, il capostipite di tutti i giornalisti di guerra, l’inventore di un mestiere, il faro per intere leve di collaboratori di giornali.

Siamo nel 1854, esplode quello strano conflitto passato agli annali come Guerra di Crimea (siamo stati tutti obbligati a studiarla in chiave nazionalista perché il famoso invio di 15 mila uomini da parte del Conte Cavour, presidente del consiglio del Regno di Sardegna viene considerata un’azione chiave per far sedere i Savoia al tavolo dei vincitori e porre all’attenzione internazionale la questione di uno Stato italiano unito).

Russell è già un celebre corrispondente del Times per aver seguito il processo al nazionalista irlandese Daniel O’Connell quando il direttore John Delane fiuta che la guerra, in una terra esotica per i tempi, la Crimea, può essere buon terreno di sperimentazione per un nuovo modo di raccontare i conflitti. Fino a quel momento le rare corrispondenze dai fronti di battaglia erano confezionate da generali degli eserciti coinvolti, con ovvia abdicazione del concetto di obiettività.

Ma l’ottocento vede aumentare in maniera considerevole i numeri dei lettori di giornali, e anche giovani ufficiali vengono coinvolti nelle stesure di resoconti in modo da aumentare il numero di notizie provenienti dall’estero.

Delane invia Russell, il giornalista più celebre della squadra del Times a seguire le gesta dell’esercito britannico. E i risultati saranno deflagranti sotto diversi punti di vista. Russell osserva tutto, annota tutto, soprattutto la disorganizzazione dell’esercito inglese, la mancanza di strutture sanitarie per i feriti, il dilagare di malattie, i militari mandati inutilmente al martirio.

«Queste sono verità difficili, però il popolo inglese deve ascoltarle. Deve sapere che il mendico che si trascina sotto la pioggia nelle strade di Londra vive una vita da principe, in confronto con quella vissuta dai soldati che combattono per il loro paese». Così racconta Russell la guerra, lontano anni luce dagli entusiastici resoconti militari che facevano delle battaglie quasi una questione di onore, di colpi di fioretto.

E invece no, la guerra puzza di sangue e piscio, di terra e vomito, ed è una tragedia da non augurare neppure al peggior nemico. Apriti cielo: il governo di Sua Maestà insorge, i vertici militari prendono in odio questo irlandese impertinente. Ma le vendite del Times si impennano come non mai e danno al giornale il ruolo di leader nel settore, ruolo conservato ancora oggi. E ottenuto con queste nobili premesse. Russell viene rimpatriato per le pressioni di tutto l’establishment dopo l’ultima corrispondenza sulla rovinosa carica della cavalleria leggera inglese a Balaklava. Andrà quindi negli Stati Uniti a raccontare la guerra di secessione, dopo esser stato in mezzo mondo a narrare avvenimenti vari, dall’incoronazione dello Zar a Mosca alle guerre in India. Tornato in patria entrerà in Parlamento e morirà carico di gloria. Sarà il primo a portare la guerra, quella vera, nelle case della gente.

Copertina: “Williamhowardrussell” by Library of Congress. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons.