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Gaza, cent’anni di solitudine

A fine febbraio la Camera ha votato due mozioni sul riconoscimento dello stato palestinese. Il Governo ha approvato le due mozioni, una del Pd appoggiata da Sel e una di Scelta civica, Udc, Ndc, che sono da subito apparse leggermente contrastanti. Le posizioni di cui il Governo ha preso atto «non fanno emergere una posizione chiara dell’Italia sul riconoscimento dello stato palestinese – dice Riccardo Sansone, il responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia –  noi ci rifacciamo alle risoluzioni delle Nazioni Unite di diritto internazionale, che dal 1948 in poi parlano di uno stato palestinese a fianco dello stato di Israele». La stessa Oxfam pochi giorni fa parlato di 100 anni necessari per ricostruire la striscia di Gaza, se non si ferma il blocco imposto dalle autorità israeliane dopo l’operazione Protective Edge di agosto 2014. 

Riccardo Sansone, come commenta le mozioni discusse alla Camera?

«Effettivamente la prima sensazione è che non ci sia molta chiarezza sulla posizione effettiva del Governo sulla questione. Le due mozioni, in alcuni aspetti divergenti, non fanno emergere una posizione chiara dell’Italia sul riconoscimento dello stato palestinese. Noi, come Oxfam ci rifacciamo alle risoluzioni delle Nazioni Unite di diritto internazionale, che dal 1948 in poi parlano di uno stato palestinese a fianco dello stato di Israele. Due stati liberi, autonomi e indipendenti che vivano in pace nel rispetto e nel riconoscimento reciproco. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, è partito un dibattito, forse c’è da fare ancora chiarezza a livello politico, ma auspichiamo che sia un primo passo verso un impegno maggiore dell’Italia, che insieme ad altri stati europei e alla comunità internazionale spingano per arrivare il prima possibile a una soluzione pacifica di questo conflitto. Una pace giusta per entrambi i popoli. Il fatto che ci siano due mozioni divise fa pensare più a un’occasione persa che non a un occasione sfruttata. Speriamo che il dibattito continui, anche in modo più approfondito».

Che cos’è l’allarme lanciato da Oxfam?

«Abbiamo lanciato questo allarme perché a sei mesi dalla fine dell’ultima guerra, la ricostruzione all’interno della Striscia non è riuscita a partire. L’ultima guerra ha visto una devastazione impressionante, che dal 1967 non si vedeva nella Striscia. Tuttora ci sono centomila persone sfollate che vivono in condizione di estrema difficoltà. A sei mesi dal cessate il fuoco non riesce a entrare all’interno della Striscia il materiale necessario per la ricostruzione. Noi abbiamo fatto un calcolo matematico: per far entrare gli 800 mila camion di materiale, necessari per ricostruire quanto distrutto, andando al ritmo attuale, ci vorranno 100 anni per ricostruire Gaza. Cento anni di solitudine di Gaza. Una situazione non sostenibile: se non si pongono le condizioni per far ripartire lo sviluppo, l’instabilità resta permanente, con rischi di focolai che si possono riaccendere. Il blocco è anche delle esportazioni, sia via terra sia via mare, e poter esercitare le proprie attività produttive è sempre più difficile, si intacca la capacità effettiva di generare reddito sul territorio».

Avete parlato anche di scuole da ricostruire, qual è la situazione dei minori?

«Più della metà della popolazione, a Gaza, ha meno di 18 anni, e sono loro quelli che soffrono maggiormente: molti sono sfollati, e l’accesso all’istruzione è severamente penalizzato. Sono oltre 200 le scuole che devono essere ricostruite o riparate. Ci sono delle scuole delle Nazioni Unite che stanno cercando di riattrezzarsi per accogliere più bambini possibili, ma la situazione dal punto di vista dell’istruzione resta molto difficile. Il blocco sta impattando anche su questo».

Cosa fa Oxfam nella Striscia?

«Noi siamo nei territori occupati da più di trent’anni, abbiamo un ufficio di coordinamento a Gerusalemme, uno a Ramallah in Cisgiordania, e dentro la Striscia di Gaza. Da quando è iniziata l’ultima operazione militare, abbiamo cercato di assistere le persone colpite con la fornitura di acqua e di cibo, anche sotto i bombardamenti. Al termine delle operazioni militari abbiamo attivato un sistema di buoni di acquisto, sia per l’acqua che per il cibo, che ha permesso attraverso una rete di piccoli negozi e produttori di provare a riattivare l’economia locale. Oxfam è un’organizzazione umanitaria che in primo luogo tenta di salvare le vite quando arriva in una situazione di emergenza, ma allo stesso si pone subito il problema di come poter ristabilire le condizioni per far tornare le comunità a una vita autosostenibile e non dipendente dagli aiuti. Questo, nella striscia di Gaza si può fare fino a un certo punto: fino a che il blocco non verrà rimosso».

Ascolta l’intervista su Radio Beckwith

Copertina: Rovine di edifici a Beit Hanoun, agosto 2014. “20140805 beit hanun8” di btselem – http://www.btselem.org/photoblog/20140810_beit_hanun. Con licenza CC BY 4.0 tramite Wikimedia Commons.