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Le pasque bolognesi

A fine febbraio, alcuni parroci bolognesi hanno chiesto di poter celebrare la benedizione pasquale all’interno delle mura scolastiche dell’Istituto Comprensivo 20. Il Consiglio di istituto, che raggruppa diverse scuole, ha deciso di permettere il rito in orario extrascolastico e su partecipazione volontaria. Il Comitato Scuola e Costituzione, alcuni genitori e  insegnanti, sono ricorsi al Tar dell’Emilia Romagna per impedire un fatto che, secondo i ricorrenti, lede il carattere laico che la scuola pubblica deve avere, anche in orario extrascolastico. Abbiamo commentato la notizia con Michel Charbonnier, pastore della chiesa metodista di Bologna,

Come chiesa metodista avete riflettuto sulla questione?

«Sì, ha avuto molta cassa di risonanza qui a Bologna, anche con toni abbastanza accesi, con qualche provocazione: era difficile non riflettere su questa cosa. Lo abbiamo fatto anche perché siamo a stretto contatto con l’associazione Scuola e Costituzione. Già in passato ci siamo fatti promotori insieme a loro di iniziative di questo genere, eravamo i primi firmatari del ricorso al Tar del 1992, su cui si basa il ricorso che è stato presentato in questi giorni. Si tratta di qualcosa che riguarda anche noi, e sulla quale abbiamo discusso a lungo, per decidere di tentare altre strade prima di aggiungere eventualmente il nostro nome, nella speranza e la convinzione che ci sono altri modi di risolvere le cose, o almeno che ci debbano essere in questo momento storico».

Altre strade? Il dialogo con la confessione cattolica?

«Esattamente. Vogliamo credere che ci sia spazio per un dialogo sulla scuola, nella scuola e per la scuola, insieme soprattutto alla chiesa Cattolica che in questi giorni è forte del risultato ottenuto con la delibera del Consiglio di istituto, ma non si capisce perché dobbiamo sempre essere il paese di Peppone e Don Camillo, mettendoci su due barricate, soltanto per vedere chi alla fine ha ragione e chi la spunta sulla pelle della scuola pubblica, degli studenti, dei genitori e degli insegnanti. In questi giorni, una delle provocazioni di cui parlavo prima è venuta da parte della Curia, che ha detto che chi non è d’accordo con le sue “laicissime posizioni” dovrà adattarsi. Crediamo che l’essere maggioranza comporti la responsabilità di ascoltare, coinvolgere e costruire qualcosa insieme alla minoranza, a chi non la pensa come te. In questi giorni proporremo alla chiesa cattolica bolognese un forte gesto di responsabilità: chiederemo che si impieghi l’orario e la palestra non per fare la benedizione ma per organizzare un confronto e un dibattito pubblico sul tema della scuola e della religione a scuola. Stiamo cercando di coinvolgere le altre comunità religiose di Bologna, per ricordare che sono molte, e che questa non è una battaglia religione contro laicità».

Cosa c’è tra le righe della notizia? Perché tre parrocchie hanno fatto questa richiesta?

«Nel merito c’è l’idea che esiste una discriminazione passiva: lo sappiamo bene noi protestanti, quando i nostri figli ci chiedono perché non fanno la prima comunione mentre tutti gli amici la fanno. Tra le righe, personalmente ci leggo dalla parte dei ricorrenti la tradizione forte e gloriosa di una scuola che può vantare di non aver mai avuto una benedizione, e in seguito agli accorpamenti deve prendere le decisioni insiem ad altre scuole che invece hanno avuto una tradizione cattolica molto forte; dall’altra parte c’è il fatto che si tratta di una richiesta di tre parroci, ma probabilmente non è una boutade estemporanea ma c’è la voglia di spostare la propria bandierina su una laicità zoppicante. Dopo le sentenze del passato, che avevano spostato la bandierina favore della laicità, si prova a recuperare il terreno perduto in senso confessionale».

Qual è la realtà interreligiosa e ecumenica a Bologna?

«C’è un dialogo ecumenico storicamente abbastanza inesistente, al momento zoppicante, ma con una speranza di crescita. Bologna tradizionalmente ha ospitato delle gerarchie cattoliche sempre molto conservatrici; si respira spesso un clima pesante in ambito ecumenico, ma bisogna dire che negli ultimi anni ci sono stati parecchi spiragli che si sono creati qua e là e che stiamo lentamente tentando di unire per creare una rete. Questo è il motivo per cui da una parte abbiamo deciso di tentare la via del dialogo, perché forse i tempi sono maturi, ma dall’altra perché abbiamo delle relazioni a cui teniamo tutti quanti e che forse ci permettono di trovare una soluzione migliore tutti insieme».

Ascolta l’intervista su Radio Beckwith

Foto “I miei portici” di FrancobrasoOpera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.