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Perché non possiamo disinteressarci del giubileo

Appena ho sentito la notizia dell’indizione del Giubileo straordinario da parte di papa Francesco, il mio primo pensiero è stato: «Speriamo non lo faccia nel 2017, quell’anno è nostro!». Non proprio un pensiero nobile, lo ammetto, ma i primi pensieri sono frutto delle associazioni di idee più che della riflessione. A parte il sollievo per la mancata sovrapposizione con il cinquecentenario della Riforma, la mia seconda reazione è stata di attenzione. Francesco non è un papa come gli altri, non è prevedibile, se non nella sua imprevedibilità. Le parole usate dal papa per indire l’Anno santo sono state molto belle: «un Giubileo della misericordia».

Solitamente un giubileo non ha bisogno di complemento di specificazione: un giubileo è un giubileo e basta. Invece Francesco ha voluto specificare, come per dire che questa volta non sarà come le altre.

Il problema per noi protestanti – e riteniamo per tutta la chiesa di Cristo – è proprio la storia dei giubilei cattolici, dal primo di Bonifacio VIII nel 1300 al super-mega-maxi-evento del 2000 indetto da Giovanni Paolo II. I giubilei cattolici nascono per due motivi fondamentali, nessuno dei quali è teologico. Il primo è affermare la centralità politica di Roma, con tutti i popoli, tutti i principi invitati a convergere su Roma, Mecca del cristianesimo. Il secondo è fare cassa. La chiesa di Roma è custode del tesoro dei meriti dei santi, una sorta di banca della salvezza cui i fedeli possono accedere con le cosiddette indulgenze, veri e propri titoli nominativi che certificano il perdono dei peccati. Con il mercato delle indulgenze, che raggiunse picchi scandalosi nel XVI secolo, la chiesa cattolica riuscì a finanziare la costruzione dell’attuale Basilica di San Pietro e a provocare la spaccatura del cristianesimo d’Occidente, quando Martin Lutero – dopo diversi tentativi prima di lui, finiti tutti più meno male – accese la miccia (o la luce) della Riforma protestante.

Ecco perché un protestante alza il sopracciglio di fronte allindizione di un Giubileo.

A parte la costitutiva imprevedibilità di Francesco, perché questo Giubileo dovrebbe essere diverso? Potrebbe intanto sembrare che uno dei due motivi, almeno in buona parte, debba cadere. L’annuncio sostanzialmente a ridosso dell’evento stesso deve aver fatto rimanere un po’ male un bel po’ di gente. Meno tempo per preparare gadget di ogni genere, meno tempo per organizzare mega raduni – ma non speriamo che ci verrà risparmiata la Giornata della gioventù! —, nessuna possibilità di proporre grandi opere, spesso inutili, ma sempre lucrative per i palazzinari di cui tradizionalmente Roma abbonda.

Non ci aspettiamo l’eliminazione delle indulgenze. Noi protestanti viviamo benissimo senza, ma la questione del tesoro dei meriti, della venerazione dei santi, delle messe in suffragio, sono troppo costitutive della chiesa cattolica. Non possiamo pretendere che la chiesa cattolica non sia più la chiesa cattolica. Però possiamo sperare che anch’essa possa riformarsi, senza necessariamente diventare una chiesa riformata.

E qui c’ è l’indizio principale che ci fa guardare con attenzione a questo evento: il giubileo del Concilio Vaticano II. Il principale evento riformatore della chiesa cattolica si chiuse il 7 dicembre 1965. L’8 dicembre 2015 si aprirà il Giubileo di Francesco. La portata simbolica è enorme: come se questi cinquant’anni di restaurazione non fossero mai esistiti.

È importante per noi protestanti non disinteressarci allevento, per due ragioni. La prima, teologica, è che non possiamo snobbare un papa che mette al centro la misericordia di Dio: non possiamo ricadere in quello spirito settario che Gesù condanna. «Allora Giovanni disse: “Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava i demòni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perché non ti segue con noi”. Ma Gesù gli disse: “Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi”» (Luca 9, 49-50).

La seconda ragione è più pratica. Al termine del Giubileo di Francesco inizieranno le nostre celebrazioni per i 500 anni della Riforma. Stiamo attenti a quel che succede nel 2016, per non sembrare delle mummie nel 2017.

Foto: Una veduta dall’alto di Piazza San Pietro, Roma, di Till Niermann, Licenza CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons