Sfogliando i giornali del 23 marzo

01 – Ebola, Medici senza frontiere accusa l’Organizzazione mondiale della sanità di aver ignorato i primi allarmi

L’organizzazione medica internazionale Medici senza frontiere ha pubblicato un rapporto in cui denuncia la presenza di «una coalizione globale di inazione» che ha contribuito nei fatti all’esplosione dell’epidemia del virus Ebola nei paesi dell’Africa occidentale più coinvolti. A un anno di distanza dall’annuncio ufficiale dell’epidemia, si legge nel rapporto che i primi allarmi furono ignorati dai governi locali e dall’Organizzazione mondiale della sanità.

«Molte istituzioni hanno fallito – racconta Msf –, con conseguenze tragiche ed evitabili». Questa accusa arriva a distanza di tre giorni da quella lanciata dall’agenzia statunitense Associated press, che aveva denunciato che l’Oms aveva rinviato di due mesi l’annuncio dell’emergenza per il timore di destabilizzare la regione.

02 – Yemen, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rinnova il sostegno al governo

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, riunito per una seduta straordinaria ieri sera a New York in seguito ai numerosi attentati che hanno caratterizzato il fine settimana, ha emesso una dichiarazione unanime di sostegno all’unità e al governo yemenita internazionalmente riconosciuto. «Il consiglio – si legge nella dichiarazione – sostiene la legittimità del presidente Adb Rabbo Mansour Hadi e condanna le azioni unilaterali in corso», con riferimento al gruppo ribelle sciita degli Houti, che non hanno ritirato le loro forze dagli edifici governativi come richiesto da due risoluzioni delle stesse Nazioni Unite.

L’inviato Onu per lo Yemen, Jamal Benomar, ha anche affermato che il paese «è protagonista di una spirale verso il basso» e si trova «sull’orlo di una guerra civile». Secondo Benomar il conflitto rischia di favorire le azioni di Al Qaeda nella penisola araba e di dare vita a uno scenario simile a quello libico.

Nelle ultime ore, intanto, i miliziani Houthi si sono impadroniti dell’aeroporto militare di Taez e stanno cercando di conquistare la città per sottrarla all’offensiva in corso da parte di un gruppo che si riconosce nello Stato islamico.

03 – Libia, scontri a sud di Tripoli mentre riprendono i negoziati in Marocco

Seconda giornata di scontri a sud di Tripoli tra i combattenti di Alba libica, la coalizione che sostiene il governo islamista di Tripoli, e l’esercito del governo di Tobruk, riconosciuto dalle Nazioni Unite e guidato dall’ex generale Khalifa Haftar. Si tratta del quinto tentativo, da parte delle forze di Tobruk, di riprendere il controllo della capitale libica, proprio mentre a Skhirat, in Marocco, sono ripresi i colloqui mediati dalle Nazioni Unite e volti a raggiungere un accordo per un governo di unità nazionale.

Nonostante gli scontri, comunque, secondo l’inviato Onu, Bernardino Léon, i progressi al tavolo negoziale aprono alla «possibilità di formare un governo di unità nazionale entro la fine della settimana», che ha parlato anche di un accordo tra le fazioni per uno scambio di prigionieri.

04 – Cuba, primo incontro tra l’Unione Europea e il governo di Castro

Oggi e domani l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Federica Mogherini, sarà in visita ufficiale a Cuba. È la prima volta che l’Ue incontra il governo di Castro in veste ufficiale, e la visita rappresenta una novità importante nel percorso di rinnovati rapporti internazionali da parte del paese.

Al centro dell’incontro ci sarà il problema del rispetto dei diritti umani, soprattutto in termini di libertà del dissenso e di apertura del sistema politico.

05 – Centrafica, dopo due anni riaprono le moschee di Bangui

Dieci moschee di Bangui hanno riaperto ieri le loro porte al culto dopo due anni di inattività. Nelle ultime settimane, infatti, nella capitale centrafricana sono rientrati circa 3.000 musulmani, in precedenza costretti a fuggire per le conseguenze del conflitto che dura da dicembre 2012.

A causa della situazione ancora instabile nella capitale, molti fedeli di religione islamica avevano deciso di tenere le loro preghiere in casa o avevano dovuto organizzare incontri in forma semiclandestina in aree più sicure rispetto al centro cittadino. Tuttavia, la situazione non è ancora tornata alla normalità: la guerra ha causato danni alla maggior parte degli edifici religiosi islamici del paese: su 436 moschee ufficialmente censite, 417 sono state saccheggiate o distrutte, secondo quanto ha affermato l’ambasciatrice statunitense presso l’Onu, Samantha Power.

Foto: Rifugiati di guerra Centrafrica, SSgt Ryan Crane, Licenza: CC0 Public Domain