11007726_1000156946679140_7900132771404793414_n

L’immaginario nelle fedi monoteistiche

Si tiene nei giorni di sabato 23 e domenica 24 maggio, al teatro Menotti di Milano (v. C. Menotti 11) un convegno organizzato dalla Scuola internazionale di specializzazione con la procedura immaginativa (Sispi) sul tema «Spiritualità e psicoterapia: l’immaginario nelle fedi monoteistiche». L’iniziativa si rivolge a psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, neuropsichiatri dell’infanzia, operatori sociali e sanitari, ma anche studenti, educatori e religiosi. Fra i relatori Alberto Passerini, p. Alberto Carrara, Bruna Peyrot, Stefano Levi della Torre, Wael Farouk, Nicole Fabre, Maurizio Talamoni, Angela Ales Bello, Flavia Valtorta e Manuela de Palma.

Sul convegno milanese organizzato dalla Sispi abbiamo rivolto alcune domande a Bruna Peyrot, valdese, storica, saggista e pubblicista.

Perché un convegno sull’immaginario dei tre monoteismi?

«Cristianesimo, ebraismo e islam sono tre grandi universi religiosi che hanno percorso l’Europa. Modi di pensare, stili relazionali, sistemi educativi, strutture relazionali della sua storia millenaria, dalla linguistica all’economia, dalla storia delle mentalità all’architettura, hanno ereditato i segni del loro incontro e del loro affrontarsi, diventando espressione di culture e società. Conoscerne le radici allarga la comprensione delle nostre diversità culturali, offrendoci presupposti importanti per praticare la mediazione e la cura. Anche l’ambito psicoterapeutico, infatti, affinché l’interazione con il paziente possa fondarsi sulla reciproca comprensione, ha bisogno di condividere dimensioni interculturali che riguardano gesti e significati corrispondenti alle soggettività che s’incontrano. La costruzione di un discorso che può orientare la lettura di una storia di vita è pregno di stratificazioni, “un volume di tracce in movimento”, come diceva il grande linguista Roland Barthes. Solo decodificandolo, è possibile anche scatenare il desiderio di libertà creativa dell’individuo».

Perché l’argomento è interessante proprio oggi?

«Negli ultimi anni sempre di più esplode la dimensione spirituale nel discorso dell’individuo, uomo o donna indifferentemente, che cerca altri a cui affidare le proprie irrisolte questioni esistenziali. Non avendo più valori certi che aiutino a risolvere i problemi né ruoli altrettanto sicuri nel corso della propria vita, che fino a poco tempo fa ci venivano dal lavoro, dall’appartenenza religiosa o altro, ecco che questo sbandamento porta a rivolgersi domande “altre”. Spesso, tuttavia, questa ricerca è risolta con l’affidarsi alla superficialità di corsi e corsetti sul “pensiero positivo” e la “cura di sé”, o a quella vasta galassia new age che prolifera negli spazi carsici della società. Mentre le scienze psicologiche e mediche potrebbero essere ben più di aiuto con il loro sapere che oggi si confronta – seriamente – con dimensioni anche olistiche della malattia e del disagio. La psicologia, insomma, potrebbe spiegare meglio le dinamiche umane senza ricorrere a frasari spiritualistici».

Dinamiche che hanno a che fare anche con Dio?

«Nella Sispi, che utilizza l’immaginario del paziente come potenziale di forza ritrovata per il paziente stesso, rinunciando a un intervento interpretativo sulla sua biografia, abbiamo pensato che potesse essere importante rendere “ufficiali”, con un momento di discussione allargata, i discorsi che da anni entrano nella riflessione sul nostro lavoro. In altre parole: osare parlare anche di Dio. Nicole Fabre, direttore scientifico della Sispi, ha scritto libri molto interessanti anche su chi è Dio per i bambini (Dio, per i bambini chi è?, Roma, Magi, 2005)».

In che modo questa ricerca ha a che fare con la storia? E con la sua attività di ricerca?

«La storia, in particolare la storia delle culture sviluppate dai tre monoteismi, è da conoscersi meglio. C’è da creare un’osmosi fra campo medico-psicoterapeutico e storia. Assicuro che gli esiti sono sempre molto interessanti, perché quando le visioni del mondo che ci hanno formati sono diverse, differente è anche ciò che ci portiamo dentro e il nostro modo di comportarci. Sia nella “normalità” che nella patologia. Noi non ce ne accorgiamo perché siamo sopraffatti dall’“ammollo” nella dozzinalità globale, ma appena mettiamo in funzione la lente lo vediamo…: potrei farne molti esempi concreti, ma li tengo in serbo per il convegno. Per quanto mi riguarda personalmente, sono approdata in Sispi dal periodo del mio lavoro in Brasile (responsabile dell’Ufficio Scuola e Cultura del Consolato di Belo Horizonte) e, diventando counselor in Esperienza Immaginativa, ho imparato a leggere la Storia dentro le storie, gli esisti dei grandi eventi e dei grandi processi storici, come le migrazioni, nelle tracce lasciate dentro l’interiorità delle persone. È come fare la storia a rovescio, dentro le “ghiande”, come direbbe lo psicoanalista e filosofo James Hillman scomparso da pochi anni, delle persone. Al convegno di Milano ci confronteremo con queste dimensioni, tesi fra il “grande” e il “piccolo” e magari ne uscirà qualcosa di interessante!».

Per informazioni: tel. 02-76390359; e-mail: info@sispi.eu; segreteria@sispi.eu.; www.sispi.eu.

Foto via Facebook