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L’immigrato espiatorio

E’ l’estate dei “clandestini”. In un’estate priva di clamorosi fatti di cronaca nera, debole quella rosa e scontate le recriminazioni metereologiche sul clima sempre più volubile e ostile anche nelle zone temperate, il grande tema sono stati i “clandestini”, gli “sbarchi”, l’“invasione” di immigrati di cui “non se ne può più”. La Lega nord ha saputo dare il “la” a una campagna che ha raccolto consensi ben oltre il recinto del partito di Salvini; per timore che il M5S smarrisse la bussola, Grillo è intervenuto per dare la linea ai militanti invocando una stretta sui permessi di soggiorno e sui rimpatri; Forza Italia, in affannosa rincorsa sul tema, ha lanciato la parola d’ordine dei “check point” contro i “vu’ cumprà” di spiaggia. Quanto alla maggioranza preferisce adottare un basso profilo, evitando uno scontro diretto su una questione evidentemente complessa, difficile e impopolare. Capita così che le cose più nette e chiare sul tema non le abbia dette il segretario di un partito ma quello della Conferenza dei vescovi italiani, monsignor Galantino, che con un linguaggio decisamente irrituale per un prelato del suo rango ma schietto e chiaro, ha denunciato “i piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse”. Il segretario della Cei ha ragione perché il dibattito a cui assistiamo – nei talk show televisivi, sotto l’ombrellone o al bar sport dove andiamo a bere un caffè – sembra prescindere da ogni dato di realtà e da ogni cultura del diritto.

Il primo dato di realtà è che “quelli dei barconi” costituiscono un fenomeno migratorio nuovo, in massima parte determinato da guerre civili (Nigeria, Mali, Sudan, Iraq, Siria…), dal “fallimento” di stati che di fatto non esistono più (Somalia, Libia…) e dal precipitare delle condizioni di vita (Eritrea…). Dietro le nuove migrazioni mediterranee, insomma, c’è la destabilizzazione di un’intera area geopolitica, e con essa il fallimento di quella politica europea e occidentale che invece di “esportare la democrazia” ha finito per importare le vittime della povertà e del fondamentalismo di matrice islamista.

E’ su questo scenario ampio e dannatamente complicato che una classe politica responsabile dovrebbe ragionare e far ragionare gli italiani e gli europei. All’opposto, il populismo è quella strategia che, preferendo cavalcare i malumori dell’opinione per gli effetti delle migrazioni globali, ingigantisce il fenomeno per poi interpretare la prevedibile istanza di sicurezza e di ordine che deriva dalle paure evocate. Grazie a questo meccanismo l’immigrato diventa il capro espiatorio responsabile della disoccupazione, del degrado metropolitano, dell’insicurezza, degli attentati terroristici, della diffusione di gravi patologie, della crisi del sistema pensionistico: insomma del collasso civile e materiale della nostra società. E così, recuperando un mito arcaico, il populista che è in noi si convince che solo bastonando e cacciando questo animale insano e infettante, si possa restituire ordine e sicurezza alla comunità civile. Ma questa è antropologia. La politica è un’altra cosa.

Una classe politica responsabile è quella che ha il coraggio di avanzare proposte sostenibili e utili al bene comune anche quando queste possono risultare impopolari; al contrario una classe politica irresponsabile, intenzionalmente ignorando l’etica della sostenibilità e dell’utilità generale, utilizza le armi della propaganda per costruire un immaginario utile a rafforzare la propria piattaforma.

E così passa in secondo piano il fatto che il lavoro degli immigrati in Italia produca circa il 9% del PIL nazionale; o che ad oggi gli “sbarchi” siano aumentati solamente dell’8% rispetto allo scorso anno; che le regioni meridionali siano quelle che in rapporto alla loro popolazione accolgono la maggioranza degli immigrati e dei richiedenti asilo per cui la Puglia (4 milioni di abitanti) accoglie quanto la Lombardia (10 milioni di abitanti). E ancora, senza ricorrere alle categorie dell’amore cristiano o della diaconia, si dimentica che esistono leggi italiane e internazionali che tutelano i migranti vulnerabili e i richiedenti asilo. Queste leggi sono il patrimonio giuridico e civile che ha determinato il primato morale dell’Europa sul piano del diritto umanitario. Tutto si può fare per qualche voto in più, anche ignorare la realtà, evocare paure e inventare un nemico; persino tagliare le radici culturali e civili che ci hanno reso quello che siamo. Ma è così che la nostra democrazia si trasforma rapidamente in un’arena populista.

Proprio la pressante questione dell’immigrazione sarà al centro della serata pubblica del prossimo Sinodo, alle 20.45 di lunedì 24 agosto al tempio valdese di Torre Pellice, intitolata proprio “L’Europa comincia a Lampedusa”, cui parteciperanno l’onorevole Mario Marazziti, presidente della commissione Diritti umani della Camera dei deputati e membro storico della Comunità di Sant’Egidio, il pastore Aquilante, presidente della Fcei, Yvan Sagnet, sindacalista, Marta Bernardini, operatore di Mediterranean Hope a Lampedusa.  

Foto “Refugees on a boat” by Unknown – Defense Visual Information Center (Photo ID: 050615-N-TW583- 001) http://www.defenseimagery.mil/index.jsp. Licensed under Public Domain via Commons.