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Il silenzio dello Stato

Immagina che tuo figlio ti dica: «Mamma domani prendiamo qualche bus e andiamo a Città del Messico per la manifestazione». Immagina che si chiami Bernardo o Carlos e che abbia diciotto anni. Forse sei un po’ preoccupata perché spesso le manifestazioni sono pericolose nel tuo paese. Anzi, tutto è pericoloso nel tuo paese: negli ultimi nove anni a causa del crimine organizzato, dei narcotrafficanti, della corruzione e del governo stesso, sono sparite 26.500 persone e ci sono stati 720.000 omicidi. Sai anche che la scuola Normale Rurale di Ayotzinapa è considerata “di sinistra” e già nel 2011 ci sono stati scontri con la polizia e hanno ucciso due studenti. Però sei orgogliosa di tuo figlio e dei suoi compagni di scuola, sei orgogliosa che voglia fare qualcosa per migliorare il paese in cui vive, che non si rassegni. Carlos nei giorni precedenti è già andato in giro con alcuni suoi compagni per requisire diversi autobus e del carburante nelle cittadine vicine. L’hanno fatto altre volte e non solo loro. Gli autobus li hanno sempre restituiti ed è l’unico modo per organizzare dei viaggi di gruppo per andare a delle manifestazioni politiche. Sai che non è legale ma di solito è una pratica accettata. Il viaggio è lungo, alcune strade sono bloccate e alla manifestazione per il ricordo del massacro del 2 ottobre 1968 a Città del Messico, quando l’esercito sparò sulla folla uccidendo più 300 persone, Carlos insieme agli altri non ci arriverà mai. Li ferma la polizia locale ad Iguala dove c’è una festa data dalla moglie del sindaco, legata come lui al locale cartello di Guerreros Unidos, e come da tradizione, presidente locale per il programma di Sviluppo Integrale della Famiglia. Programma che prevede molte tagli alla spesa che riguardano studenti e insegnanti delle scuole nelle zone rurali.

Immagina che poi non hai più notizie, che tuo figlio non risponda al telefono quando lo chiami la sera e poi ancora durante la notte. Immagina di sentire altri genitori della scuola e poi piano piano dopo un intero giorno qualcuno comincia a dire che ci sono stati incidenti, forse dei feriti o dei morti a Iguala. Non sai come andare lì. Immagina che il telefono di tuo figlio sia muto. Numero non disponibile.

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Foto di jazbeck via Flickr | Licenza CC BY-SA 2.0

Immagina che dai racconti dei feriti venga fuori che la polizia li abbia inseguiti per tutta la notte; che ci siano stati scontri a fuoco per tutta la città e che ci siano dei morti anche tra i cittadini di Iguala. Poi ti dicono che tuo figlio è stato visto nelle mani della polizia municipale; che è stato portato via. Poi dopo qualche giorno si viene a sapere che la polizia ha dato gli studenti in mano ai narcotrafficanti di Guerreros Unidos, che ci sono delle fosse comuni e che forse sono stati bruciati i corpi. Ma tuo figlio si continua a non sapere dove sia. Altri sono morti e si cominciano le indagini. Il sindaco di Iguala dice che non ha dato nessun ordine, che sono quelli della polizia di Iguala che hanno deciso da soli. Il presidente Pena Nieto, anziché indagare meglio nella corruzione del suo paese pare che se ne voglia andare in viaggio in Cina. I narcotrafficanti continuano a fare quello che vogliono.

E’ passato un anno, i giornali hanno scritto ma spesso le informazioni erano fuorvianti. Hanno investigato ma sono riusciti solamente ad arrestare il sindaco, sua moglie e qualcuno della polizia municipale su cui hanno fatto ricadere la colpa. Sì, hanno detto che chi li ha uccisi sono i Narcos, ma il corpo di Carlos non lo hai più visto. Sei andata a protestare davanti al governo, hai gridato che è colpa loro; che sono corrotti; che lo stato non poteva non sapere; che non è possibile che ci siano 43 desaparecidos, 25 feriti, 6 morti, 110 arresti e che nessuno ne sappia nulla.

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Foto di Montecruz Foto via Flickr | Licenza CC BY-SA 2.0

Scavando in giro per cercare i corpi hanno trovato i resti di altre 100 persone e più di 70 fosse comuni. Forse stanno lì una parte delle decina di migliaia di scomparsi degli ultimi anni. Carlos invece forse sta nel fiume. Hanno dichiarato che, dopo averli bruciati, le ossa rimaste le hanno fatte sparire nel rio. Ma nel resto del mondo nessuno ha detto nulla di veramente importante. Il presidente è ancora al suo posto e continua a gestire il paese come se fosse un gigantesco cartello della droga. Forse Carlos e i suoi amici avevano “solo” requisito un pullman sbagliato dove erano nascosti, per portarli altrove, droga, soldi, forse armi. Nelle indagine della polizia uno dei pullman è sparito. Eppure le autorità messicane hanno impedito al Gruppo Indipendente, nominato dalla Commissione Interamericana dei diritti umani, di interrogare i soldati presenti quella notte a Iguala. Uno dei leader di Guerros Unidos è stato trovato morto e decine di altre persone appartenenti a forze di polizia e bande criminali diverse hanno dichiarato di essere state arrestate e poi torturate per confessare di aver loro rapito gli studenti.

Immagina di vedere i responsabili del governo continuare a fare annunci al telegiornale, immagina di vedere per un anno che tutti i paese del mondo fanno affari con il tuo governo. Immagina che nessuno ti ascolti e che fuori dal Messico a malapena si sappia come si chiama il presidente, figuriamoci quello che è successo.

Tre giorni fa è passato un anno. In molte città come a Torino piccoli gruppi di persone, associazioni vicine al Messico, gruppi di donne in particolare hanno organizzato un momento di ricordo e di protesta. I volti dei 43 per un po’ hanno catturato l’attenzione dei passanti frettolosi sul sagrato di piazza Castello. Fanno parte anche loro degli “effetti collaterali” di un paese governato dai narcotrafficanti che ha relazioni con tutto il mondo. Un paese dove la gente va in vacanza, e che vende droga a tutto il mondo. Un paese dal quale la gente scappa per andare negli Usa o spesso resta uccisa, a volte per errore, più spesso per far capire a tutti gli altri che non sono ammesse proteste. Il gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti nominato dalla commissione dei diritti umani che ha assistito i familiari dei 43 desaparecidos ha smentito poche settimane fa con la propria indagine la versione ufficiale fornita dalla procura del governo. Ma senza pressione internazionale sarà difficile aprire un processo.

Foto copertina di Somos El Medio via Flickr | Licenza CC BY 2.0